Se il morbo ti accorcia la vita

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La fotografia più nitida di quell’annus horribilis che è stato il 2020 è contenuta nel rapporto ISTAT BES 2020 (il benessere equo e sostenibile in Italia) pubblicato nel marzo di quest’anno. Il rapporto affronta dodici capitoli (fra cui la salute, l’istruzione, il lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico ed altri) che dovrebbero fornire gli indicatori del nostro grado di benessere. Ad onta del suo titolo il rapporto più che del benessere ci informa sul malessere che ha colpito la società italiana sull’onda della pandemia. Tutti gli indicatori sono negativi, quello che colpisce di più è il calo della speranza di vita che diminuisce di 1,2 anni, mentre nelle zone più colpite, come Bergamo, Cremona e Lodi si registra una contrazione per gli uomini di 4,3 e 4,5 anni. Il 2020 è passato, il 2021 si è aperto con la speranza di sconfiggere la pandemia con le vaccinazioni. E’ stato avviato nel nostro Paese ed in tutt’Europa il più straordinario piano di vaccinazione di massa di tutti i tempi. L’incidenza del virus è fortemente diminuita man mano che cresceva la percentuale di popolazione vaccinata. Ma non è bastato, quest’estate si è affacciata una variante molto più aggressiva del ceppo originario, capace di colpire, sia pure con effetti minori, anche la popolazione vaccinata. Quindi l’emergenza sanitaria non è finita ed è di scottante attualità il tema delle misure di contenimento da adottare per garantire la ripresa della vita civile e produttiva, dopo la paralisi forzata dell’inverno/primavera 2020.

A partire dal 6 agosto è stato introdotto (con il decreto legge 105/21) l’obbligo di esibire la certificazione verde (il c.d. green pass) per accedere ad una serie di servizi. La misura ha suscitato un coro di proteste4 ed un vivace dibattito politico. Le polemiche sono state rinfocolate dalle dure prese di posizione del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Repubblica che hanno ventilato l’opportunità di pervenire all’imposizione di un obbligo generalizzato di vaccinazione.

Questione molto delicata se si considera che gli esponenti dell’opposizione di destra come la Meloni stanno conducendo una campagna a testa bassa contro il green pass, denunciando che si tratterebbe di un modo surrettizio di introdurre l’obbligo vaccinale. Proprio in questa settimana in cui è stato superato il muro di 130.000 morti, il governo si appresta a varare un decreto legge in cui si prevede l’obbligo del green pass per i lavoratori del pubblico impiego e per quelli del settore privato. Si tratta di una scelta che non può essere assunta a cuor leggero. Innanzitutto bisogna domandarsi se sia legittimo imporre un obbligo generalizzato di vaccinazione. La risposta ce la da la Costituzione (art. 32) dove afferma che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” Quindi l’obbligo si può imporre solo con legge,  purchè sia ragionevole, proporzionato e limitato nel tempo in ragione della durata dell’emergenza sanitaria. Le manifestazioni contro il green pass che ci sono state nelle ultime settimane hanno fatto emergere frange di popolazione che si sono mobilitate sulla base di parole assurde come “dittatura sanitaria”, che ritengono il green pass una misura discriminatoria come le leggi razziali, e arrivano a sostenere che la vaccinazione di massa cadrebbe sotto la proibizione del codice di Norimberga del 1947 per la sperimentazione medica su umani. In questo contesto una legge che imponesse il vaccino obbligatorio per milioni di persone non sarebbe coercibile e le eventuali sanzioni di natura amministrativa o penale non avrebbero effetto nei confronti del nucleo duro dei no vax. Creerebbero solo un ingolfamento  della macchina giudiziaria ed un caduta di autorevolezza della legge.

Pertanto una legge che imponesse la vaccinazione obbligatoria, seppur legittima, sarebbe inefficace ed inopportuna. Con il green pass, l’obbligo di vaccinazione sarebbe introdotto in modo morbido., mettendo il soggetto in condizione di fare una valutazione di opportunità. Si tratterebbe di una sorta di “soft law“.

Il problema è di evitare che da “soft law” si possa trasformare di fatto in “hard law”. E’ molto delicato il tema delle sanzioni che saranno adottate. Poiché il nucleo duro rifiuterà la certificazione verde (e non potrà fare tamponi ogni 48 ore) bisogna evitare di creare una frangia di martiri della “dittatura sanitaria”, di espellere dal lavoro migliaia di persone e di chiuderle in un ghetto dove possa trovare conferma la loro vocazione al vittimismo. Una versione forte ed estesa del green pass si presta a molteplici controindicazioni con le quali ci dobbiamo confrontare in un dibattito aperto senza pregiudizi di schieramento.

Resta la domanda: se il morbo accorcia la vità, il green pass può allungarla?


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