A proposito di “Tre piani”, e non solo… Recensione in forma di lettera aperta

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Caro Nanni, da “La stanza del figlio”(peraltro, un bel film), la tua poetica è cambiata. Come scrissi allora, con la morte del figlio, in quel film annunciavi la scomparsa definitiva di Michele Apicella, il figlio per antonomasia, il protagonista dei tuoi capolavori. Benissimo, nella vita si cambia, anche, è del tutto lecito. Certamente, è doveroso dire anche il perchè, visto che tu lo racconti attraverso i tuoi film. Ciò che si è evinto, fin da subito, è il tuo arrenderti, il non essere più controcorrente e non riconciliato, per dirla con Straub e Huillet. I temi dei tuoi film sarebbero stati sempre quelli, la famiglia, l’essere figlio, i genitori. Ma non c’è più l’antagonismo nei confronti della realtà che ti circonda. Racconti, e non è poca cosa, i drammi della vita legati ai ruoli di cui sopra. Ma lo fai molto modestamente, purtroppo. Eri grande nel dire quelle cose in quel modo, era grande il tuo Michele Apicella, facevi capolavori. Ora no. E qui mi aggancio a “Tre piani”, e chiudo subito. L’episodio con Scamarcio è davvero penoso, grazie anche al suo protagonista. L’episodio con la Rohrwacher ci regala una interpretazione antonioniana davvero eccezionale (e il suo personaggio si chiama anche Monica!), e si salva solo per questo… L’episodio con te protagonista ci comunica che anche il futuro padre Apicella oggi è morto. Cioè, hai ucciso dopo il figlio che sei stato anche il padre, l’adulto, che pensavi il tuo Apicella sarebbe stato! Bene, ne prendiamo atto. Ma l’episodio, questo conta, è davvero inconsistente (con finalino bucolico e ottimista stile Fandango e Mulino Bianco), vuoto, se si pensa ai grandi tormenti di cui riempivi il tuo glorioso Michele. Una volta hai persino detto che non volevi fare più film comici! Bene, ci hai offesi tutti! Tutti quelli che vedevamo film come “Ecce bombo”, “Sogni d’oro”, “Bianca”, “Palombella rossa”, come tutt’altro che comici, come un vissuto doloroso scontato sulla nostra pelle… Certamente, sei libero di farti del male (parafrasando il famoso dire del tuo Apicella), ma sappi che, seppur indirettamente, guardando l’episodio con Scamarcio davvero, stalvolta, ogni tanto, mi è sembrato di vedere un film comico. Tutto qua. Artisticamente eri grande, ora non lo sei più, anzi! Umanamente, come per tutti noi, sono cose tue…

P.S.

Ti inviterei a chiedere scusa, anche se post mortem, a Monicelli e Sordi, per quando nel lontano 1978, in un dibattito televisivo, condotto da Alberto Arbasino, non avesti remore ad attaccare il grande regista toscano, accusandolo di non sperimentare, di non andare oltre i nomi di cassetta, come Alberto Sordi appunto. Eravamo tutti con te! Oggi, sei tu a smentirti da solo, facendo un film certamente non sperimentale (oltre che mediocre) e utilizzando un attore modesto ma di cassetta come Scamarcio, altro che Alberto Sordi! Dunque, chi allora ti dava ragione, come il sottoscritto, per lo stesso motivo, oggi ti chiede di chiedere umilmente scusa, anche se fuori tempo massimo…


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