Lezioni afghane

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  • La democrazia non si esporta, si accompagna – Bombardare i talebani, massacrando troppe volte i civili, ha creato distanze enormi di risentimento contro i “liberatori” occidentali, visti come occupanti dannosi, arroganti e inconcludenti. Occorre sostenere i gruppi di attivisti locali impegnati per il progresso civile con intelligente pazienza, senza forzare i loro tempi e modi di acquisizione di autonomia e propagazione della democrazia.
  • La corruzione impedisce evoluzione e coesione – Nessuno è disposto ad impegnarsi per il cambiamento se vede che il suo sforzo si trasforma non nel progresso di tutti, ma nel vantaggio di pochi. La corruzione si batte con un accorto tracciamento dei fondi erogati per investimenti umanitari e civili, certificati con verifiche dirette. Fatica che spesso neanche la cooperazione internazionale di pace vuole accollarsi, fidandosi di quietanze fasulle che schermano in realtà distrazioni ingenti di denaro verso i patrimoni dei grandi “facilitatori” locali.
  • Senza avanzamento della società civile, le campagne militari sono sterili – Il fallimento dei 20 anni di operazioni in Afghanistan con il ritorno trionfale dei talebani si deve alla loro maggiore credibilità presso la popolazione. Benché violenti ed estremisti, trovano terreno fertile di consenso nella diffusa mancanza di cultura e di esempi alternativi virtuosi. Tra corrotti in combutta con stranieri libertari e violenti connazionali integralisti, i più poveri si fidano di questi ultimi, non perché li amino, ma perché li conoscono meglio.

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