RU486 eppure il vento soffia ancora

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La Regione Marche, guidata da FdI, già a Dicembre, tramite il Presidente Acquaroli si esprime contro l’aborto e la RU486. A gennaio la maggioranza del Consiglio regionale dice no alla somministrazione della RU486 nei consultori opponendosi alle linee Guida del Ministero della Salute. L’Assessore Saltamartini durante il Consiglio Regionale  di Dicembre dichiara l’obiettivo della Giunta di contrastare l’aborto contro il crollo demografico;  contrastare la violenza sulle donne tramite” l’adozione di quei valori etici, che richiamano alla famiglia naturale, costituita nel modo che sappiamo”. Carlo Ciccoli, capogruppo di Fratelli d’Italia al Consiglio regionale delle Marche, ha parlato di rischio di sostituzione etnica da collegarsi all’aborto e alla denatalità. Un forte sostegno arriva dall’associazionismo Pro Vita che insieme ai movimenti anti-gender hanno stretto alleanze con FdI e Lega.

Nuovamente assistiamo ad un passo indietro di ben oltre  cinquant’anni che  riduce la donna ad ambiente di crescita del feto e a sua potenziale nemica, incubatrice contro il crollo delle nascite, strumento del potere patriarcale a difesa della “razza”. Assistiamo alla restaurazione del dominio sul corpo della donna e la natalità, che veicola l’arcaica paura del potere della procreazione.

La decisione del Ministero della Salute, arrivata il 13 agosto dopo il parere favorevole del Css e la delibera di Aifa, rimuove le limitazioni all’impiego della pillola abortiva. Con le nuove linee guida si annulla l’obbligo di ricovero dall’assunzione della pillola RU486 fino alla fine del percorso assistenziale e si allunga il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza. Il Consiglio Superiore di Sanità ha pertanto espresso parere favorevole al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital. La decisione dell’assessore Saltamartini di impedire  la distribuzione della RU486 anche nei consultori familiari è un attacco alla cultura che ha portato alla loro istituzione. Grazie al movimento delle donne e in modo più specifico ai movimenti femministi, sviluppatisi dall’inizio degli anni ’70 in Italia, è stata posta all’attenzione dell’opinione pubblica, della scienza ufficiale e del mondo sanitario l’importanza del punto di vista di genere e della soggettività femminile, collocate nel contesto delle relazioni sociali.

Il referendum sul divorzio (1974), la prospettiva di quello sull’aborto, le sentenze della Corte Costituzionale sull’aborto terapeutico (1975) e, prima ancora, sulla pubblicità dei metodi contraccettivi (1971), sono stati eventi e condizioni che hanno sollecitato, sotto la pressione della società civile, le forze politiche a varare la legge costitutiva dei Consultori Familiari.

Il consultorio familiare era collocato alla frontiera tra istituzioni e società civile (Michele Grandolfo -I consultori familiari-ISS). E dovrebbe essere ancora così, quella dovrebbe essere ancora la sua collocazione. Distribuire la pillola abortiva anche nei consultori familiari vuol dire riconoscere che la pillola abortiva è il segno dell’autodeterminazione della donna, della sua emancipazione dall’intervento medico e chirurgico.  Il consultorio familiare inoltre è il luogo che presidia e preserva questa emancipazione e la possibilità di aggirare la stragrande maggioranza di medici obiettori di coscienza che negli ospedali impediscono l’esercizio di un diritto fondamentale garantito dalla legge.

Le giunte regionali del centrodestra sulla scia delle destre oscurantiste e anti democratiche europee – vedi Polonia e Ungheria – riportando indietro le lancette del tempo cercano facili consensi sul corpo delle donne. A chi pensa che destra e sinistra non esistano più e che in politica tutto vada bene pur di raccogliere consensi, ecco un argomento su cui riflettere. Per ciò che riguarda i diritti civili, i diritti delle minoranze, l’autodeterminazione delle donne, la destra e la sinistra sono ASSOLUTAMENTE diverse.


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