Macaluso, la lotta caparbia per una sinistra riformista

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Ho ancora nel cassetto il registratore con una delle tante interviste a Emanuele Macaluso. L’ho intervistato più volte per l’”Avanti!”, “Il Giorno”, il Tg2 e Televideo Rai. In ogni momento di crisi della democrazia italiana proponevo al mio direttore di ascoltare il suo parere profondo e razionale. Ora non sarà più possibile chiamarlo al telefono per sentire una sua originale analisi. Macaluso è morto a 96 anni a Roma, mentre era ricoverato al Policlinico Gemelli.

Ha attraversato tutta la storia politica italiana da dopo la Seconda guerra mondiale a oggi: ha vissuto da protagonista la Prima e la Seconda Repubblica. Ha vissuto, già anziano, anche la Terza Repubblica ma da analista, scrivendo libri e articoli per i giornali.

Era rattristato per la sconfitta disastrosa della sinistra riformista, ma è rimasto sempre combattivo. È stato un coraggioso sindacalista nella Sicilia del dopoguerra flagellata dalla mafia. Fu un grande amico di Sciascia anche se molte volte era in conflitto sul piano politico. Ha anche avuto un’altra intensa vita: dirigente storico del Pci, scrittore e giornalista. Sia da dirigente politico, sia da parlamentare, sia da giornalista si è sempre battuto con un chiodo fisso: costruire una sinistra unita e riformista. Tentò in tutti i modi di ricomporre le fratture tra Pci e Psi, ma non ci riuscì. Il primo tentativo fallì quando era al vertice del Pci di Togliatti, quindi seguirono altri nulla di fatto. Anzi lo scontro per l’egemonia a sinistra deflagrò tra Berlinguer e Craxi.

È stato il suo grande cruccio. E non era un vezzo intellettuale: pensava che solo un forte partito socialdemocratico potesse tutelare lavoratori e precari, garantire i diritti di quelli chiamati una volta proletari e sottoproletari, gli ultimi della società senza diritti. Nel Pci era uno dei capi della squadra dei miglioristi, quella con Napolitano, Amendola, Lama, Chiaromonte, Bufalini, Pajetta, Cervetti, Napoleone Colajanni. Era una delle colonne della cosiddetta destra comunista messa sotto accusa dai centristi berlingueriani con l’imputazione di subalternità a Craxi e di filo socialismo.

L’identità socialista. Era convinto che fosse un suicidio buttare a mare l’eredità politica e culturale del Pci e del Psi dopo il crollo del Muro di Berlino e dopo Tangentopoli. Giudicò insufficiente la svolta occhettiana. Bocciò prima la trasformazione del Pci in Pds voluta da Occhetto e poi quella in Pd guidata da Veltroni con il sostegno di D’Alema. L’argomentazione di Macaluso era semplice: la via da seguire, e con chiarezza, era quella socialista, socialdemocratica, della sinistra riformista. Invece l’identità politica del Pds era confusa mentre quella del Pd aveva e ha prevalenti connotazioni liberaldemocratiche. Si è avverata la lucida analisi svolta alla fine degli anni Ottanta da Napoleone Colajanni contro la svolta di Occhetto: senza una conversione al socialismo riformista sorgerà un partito radicale di massa. E così è stato.

Emanuele Macaluso nella Seconda Repubblica sostenne le sue tesi fondando una rivista dal nome significativo: “Le ragioni del socialismo”. E poi facendo il direttore di un quotidiano: “Il Riformista”. Tuttavia le sue analisi e le sue proposte furono ignorate. Forse per questo motivo la sinistra si è frammentata in mille spezzoni irrilevanti. E lo stesso Pd di Zingaretti non naviga in buone acque. Tuttavia Macaluso lottava ancora e faceva sentire la sua voce. Già molto anziano fece un comizio, nel 2019, a Portella della Ginestra, nella sua Sicilia. È il luogo tragicamente famoso per la strage organizzata dalla mafia il Primo maggio del 1947 contro una manifestazione sindacale di contadini. Disse al comizio: «Forse questo è l’ultimo appuntamento della mia vita…Compagni che siete morti qui, non vi abbiamo dimenticati!».

Nel 2019 in una intervista al ‘Manifesto’ disse cosa pensava della Terza Repubblica: «Salvini è stato costruito dall’impotenza, dall’incapacità, dalla miseria politica dei grillini. Solo oggi che Salvini li ha messi fuori se ne sono accorti».

Adesso Emanuele Macaluso è morto, non sentiremo più la sua voce insieme idealistica e pragmatica. Però in molti ricorderanno i suoi insegnamenti e i suoi scritti.


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