Democrazia, unità, risanare: le parole più usate da Biden nel discorso di insediamento

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In una Washington blindata e sotto lo sguardo attento del mondo, Joe Biden ha giurato come 46° presidente degli Stati Uniti.
Da un lato le restrizioni per il Covid, dall’altro i rischi per la sicurezza dopo l’assalto di Capitol Hill hanno costretto a pesanti modifiche sul cerimoniale nel giorno dell’insediamento di Biden e della sua vice Kamala Harris. Un clima surreale che ha avvolto la capitale Usa, con migliaia di soldati e mezzi blindati tra il Congresso e la Casa Bianca.
L’America, divisa come non mai, senza il bagno di folla e la tradizionale parata lungo Pennsylvania Avenue, ha dunque assistito al giuramento del nuovo ‘comandante in carica’.
Con un discorso  intriso di speranza, il nuovo inquilino della Casa Bianca si è detto pronto a trascinare il Paese fuori dalla pandemia del secolo e a riparare le fratture della politica americana. Ha ribadito, ancora una volta, che sarà il presidente di tutti gli americani.
I momenti più significativi dell’Inauguration day 2021 sono rappresentati plasticamente da quattro immagini emblematiche, che entrano di fatto nella storia statunitense.
La prima, le quattrocento luci che si sono accese al Lincoln Memorial, a simboleggiare i 400mila morti di Covid 19 negli Stati Uniti.
Joe Biden e Kamala Harris hanno ricordato così, la sera prima dell’insediamento alla Casa Bianca, le tante vittime della pandemia morte da sole con una commemorazione che ha permesso alle famiglie di dare loro un addio ufficiale.
La seconda, l’immagine delle 200mila bandiere sistemate sul National Mall guardano verso il Washington Monument e il Lincoln Memorial. Hanno sostituito il pubblico all’Inauguration day 2021 in una Washington silenziosa, pressoché trasformata in zona rossa.
E ancora, Donald Trump che lascia per l’ultima volta la Casa Bianca: il momento che milioni di persone in tutto il mondo stavano aspettando. Un autoritario incompetente che ha dilaniato profondamente la nazione.
Unico assente alla cerimonia dell’Inauguration day, Trump nel suo discorso da presidente uscente ha lanciato un’ultima pericolosa stoccata: tornerò, in un modo o nell’altro…
Ci vorrà tempo per guarire le ferite che ha lasciato, ma oggi è un giorno nuovo per l’America.
Infine, il giuramento di Biden che nel suo primo discorso da 46° presidente americano ha chiesto unità per superare il difficile momento del Paese.
Ma la protagonista vera, citata dallo stesso Biden come esempio di cambiamento, è stata lei: Kamala Harris, 56enne californiana, madre indiana, padre giamaicano e prima vicepresidente donna alla Casa Bianca.
È lei che di fatto entra nella storia: gli oltre due secoli di politica americana dominata da uomini bianchi nelle posizioni di comando sono definitivamente archiviati.
Se il 20 gennaio è stato ufficialmente il giorno di Joe Biden, è innegabile che tutti gli occhi erano puntati su di lei. E Kamala ne era consapevole: raggiante e visibilmente emozionata, ha giurato nelle mani di Sonia Sotomayor, la prima giudice della Corte Suprema di origini ispaniche, proponendo al mondo l’immagine di una nuova America, di un cambio di passo e di un’ascesa delle donne. Ha giurato su due bibbie: una di Regina Shelton, la donna che per Kamala e sua sorella Maya è stata una ‘seconda madre’, e una dell’icona dei diritti civili che ha ispirato la sua carriera, Thurgood Marshall.
“Sono qui grazie alle donne che mi hanno preceduto”, ha twittato la Harris poco prima di insediarsi, ricordando la madre arrivata negli Stati Uniti dall’India e tutte quelle generazioni di donne “afroamericane, asiatiche, bianche, native americane che si sono battute per l’uguaglianza e la libertà e che continuano a combattere per i loro diritti”.
Il momento storico è stato non a caso celebrato con una foto di Kamala e delle nipoti Hillary Clinton, l’ex segretario di Stato che ha cercato di rompere il soffitto di cristallo candidandosi alla presidenza americana nel 2016.
Con le 71 parole del giuramento Harris è entrata in quel piccolo, piccolissimo olimpo rosa alla guida del governo americano.
Per tutto il tempo l’ha guardata con soddisfazione il marito Doug Emhoff, ed è stata festeggiata da milioni di donne in giro per gli Stati Uniti che oggi hanno indossato in suo onore le sue tanto amate perle. A fissarla c’era anche il vice presidente uscente Mike Pence.
Lui e la Harris non potrebbero essere più diversi. In comune hanno solo un’ambizione: l’aspirazione a diventare presidenti. Tutti e due guardano al 2024, al dopo Biden, la cui era si è appena aperta ma che molti si aspettano duri solo quattro anni. Da senatore più giovane della storia americana a presidente più anziano con i suoi 78 anni, Biden potrebbe infatti essere leader per un solo mandato, aprendo di fatto la porta alla sua vice che, secondo molti, durante i prossimi quattro anni studierà proprio da Commander in Chief, rivoluzionando il tradizionale ruolo del numero due.
Un ruolo ombra, di secondo piano, ma che Kamala ha già radicalmente cambiato solo con la sua nomina. Senza contare che sarà l’ago della bilancia in un Senato spaccato esattamente a metà fra 50 democratici e 50 repubblicani. Harris avrà, se necessario, il voto cruciale per far pendere la bilancia verso il suo partito.
Insomma una vice di grande peso per Biden che con un programma realista si appresta a intraprendere sfide portentose e controverse che, ci auguriamo,  archiviata l’era Trump, possano essere raccontate senza limitazioni dalla stampa americana, e non solo, e che il tempo dell’aggressione verso i giornalisti sia finito.


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