Etiopia. Il governo promuova l’apertura di un negoziato fra le parti in conflitto

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E’ buona usanza leggere i giornali britannici, francesi, spagnoli, portoghesi o altri per sapere meglio o di più sui paesi che furono loro colonie. Non altrettanto si può dire per quelli italiani e quanto sta accadendo in Etiopia, dove il governo centrale ha scatenato una violenta offensiva contro il Tigrai, purtroppo sembra confermarlo. Le notizie, davvero importanti e gravi, non solo perché l’Etiopia è guidata da un leader fresco di Premio Nobel per la pace, si possono leggere meglio su tutti i giornali stranieri, su quelli italiani davvero poco.

Eppure il destino di 36 lavoratori italiani dello stabilimento di Calzedonia  bloccati dai bombardamenti vicino a Makallè, proprio nel Tigrai, dovrebbero interessarci. Cosa accada almeno per loro sotto le bombe potrebbe riguardarci. Ci son però due ONG italiane, attive da anni in Etiopia, che hanno diramato un comunicato, questo: “   H.E.W.O. Modena e Modena per gli Altri, le due associazioni di volontariato modenesi attive in Etiopia da oltre 30 anni, a sostegno delle fasce più povere della popolazione, vivono con estrema preoccupazione le notizie di guerra interna che arrivano da questo Paese storicamente molto legato all’Italia.

Nel silenzio quasi assoluto dell’opinione pubblica internazionale, sono in corso scontri armati nella parte settentrionale dell’Etiopia fra l’esercito federale e le milizie della regione del Tigray. Entrambi i governi, federale e regionale, si accusano reciprocamente di illegalità, in quanto il primo sarebbe stato illegittimamente ‘prorogato’ con il rinvio delle elezioni disposto ufficialmente a causa della pandemia e il secondo perché eletto a seguito delle elezioni tenutesi a settembre, senza il riconoscimento dello stato federale. Non è certamente competenza nostra valutare chi abbia ragione e chi torto. È invece nostro preciso dovere dare voce alle sofferenze dei poveri, degli ammalati e dei bambini che stanno soffrendo enormemente a causa degli scontri in atto. La situazione in Etiopia era già molto grave a causa dell’invasione di cavallette che solo un mese fa ha distrutto i raccolti, determinando una gravissima crisi alimentare per le fasce più povere della popolazione delle innumerevoli zone rurali del Paese. Ora gli scontri armati e il mancato arrivo degli aiuti porterà inevitabilmente alla carestia e a morti per fame. Fino a ieri soltanto il Segretario Generale dell’ONU, l’Unione Africana e il ministro degli esteri della Germania hanno chiesto il cessate il fuoco e a loro si è unito Papa Francesco durante l’Angelus di domenica scorsa, rivolgendo il suo pensiero e la sua preghiera per una soluzione pacifica di questa grave crisi che sta mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di un gran numero di persone. Noi volontari impegnati da anni al fianco di chi soffre, chiediamo con forza a nome loro che cessino gli scontri armati e che si apra un negoziato che permetta di evitare una drammatica emergenza umanitaria.

Chiediamo al Governo Italiano, che ha recentemente sottoscritto con l’Etiopia un accordo di cooperazione nel settore della difesa, di compiere ogni sforzo per promuovere l’apertura di un negoziato fra le parti in conflitto che ponga fine agli scontri armati. La nostra Costituzione all’Art.11 prevede: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Coerentemente con questo sacrosanto principio la prima, se non unica, ‘cooperazione nel settore della difesa’ deve essere per l’Italia la promozione di una cultura di pace che permetta lo sviluppo delle persone e allontani ogni minaccia per la sopravvivenza stessa dei più deboli. Facciamo per questo appello ai parlamentari modenesi di farsi portavoce in Parlamento e presso il nostro Governo affinché intervenga e contribuisca con ogni sforzo diplomatico, a riportare la pace.” Che la voce di Papa Francesco si sia fatta sentire non sorprende. Ma la nostra?

 


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