L’Italia post epidemia non sarà come prima. Il welfare state va ripristinato e allargato…

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La fase due del contenimento della pandemia da Coronavirus sembra aprire anche una stagione di riflessione politica a destra e a sinistra. L’Italia post epidemia non sarà come prima: ovviamente potrebbe essere peggiore o migliore. È importante che soprattutto a sinistra, dove sono riposte le speranze di un vero cambiamento progressivo, si stia avviando un dibattito interno nazionale e locale, seppur ancora timido e condizionato dalle attuali polemiche tra i partiti. Ridisegnare una direttrice strategica per la “ripartenza” non è facile, ma è possibile, soprattutto è necessario e urgente pensarla assieme  agli iscritti e agli elettori delle città e delle campagne del Nord, del Centro e del Sud.

La pandemia attuale sia a livello mondiale che locale ha evidenziato tutte le disuguaglianze sociali, la crescita enorme della povertà, il peso delle guerre locali e delle asimmetrie territoriali (v. Nord/Sud in Italia) esistenti nel pianeta; ha dimostrato che il “progresso” fondato sullo sfruttamento sfrenato e illimitato delle limitate risorse naturali e ambientali non può reggere a lungo. La stessa esistenza futura della specie umana dell’homo sapiens sapiens è minacciata. Nella storia della Terra sono scomparse tante specie e forme di vita, la specie umana non è onnipotente né eterna.

Tra l’altro l’intervento pubblico degli stati per fronteggiare la pandemia sta dimostrando quanto fallace fosse la convinzione che solo un libero mercato senza vincoli e indirizzi pubblici avrebbe saputo risolvere ogni problema seguendo la logica del profitto capitalistico. Con questa logica ci siamo trovati senza mascherine, senza presidi sociosanitari territoriali adeguati, senza finanziamenti nella ricerca scientifica preventiva di vaccini e con le stesse strutture sanitarie private e pubbliche d’eccellenza in difficoltà.

Da queste brevi considerazioni non ottimiste traiamo alcune proposte di temi che indichiamo a quanti, soprattutto nella sinistra, si sentono motivati per cimentarsi in un vero cambiamento, in un capovolgimento sociale, economico, culturale. Senza cambiare il modello di sviluppo attuale di tipo neoliberista, non avremo alcuna possibilità di eliminare povertà e disuguaglianza, anzi cresceranno le richieste dell’uomo forte con l’illusione di miracolose soluzioni anche sacrificando ogni forma di democrazia rappresentativa. Dalla Russia alla Cina, dagli Usa di Trump all’Ungheria abbiamo assaggi di prova sperimentale di democrature, di neopopulismo e di sovranismo.

La sinistra faccia chiarezza su questo tema.

I diritti del lavoro (manuale e intellettuale) nelle nuove forme dettate dalla rivoluzione tecnologica digitale e la tutela della democrazia rappresentativa possono essere difesi e rafforzati solo con una riappropriazione da parte della Politica del governo dell’economia. Per essere più chiari: occorre una governance pubblica democratica dell’economia fondata sulla concertazione tra tutte le parti sociali, del capitale e del lavoro, non una neopianificazione burocratica.

Il welfare state va ripristinato e allargato facendo fuori la degenerazione clientelare dell’uso delle risorse finanziarie ed espellendo ogni forma d’illegalità dal mercato, dalla burocrazia e dai servizi. Tutto ciò presuppone un potenziamento della conoscenza, della ricerca scientifica e dell’utilizzazione di tutto il capitale umano.

In questo scenario non si può fare a meno di considerare il peso negativo dell’economia criminale e di individuarla come una priorità politica da non delegare solo al potere repressivo dello stato, ma di farne uno strumento di potenziamento della democrazia rappresentativa, della libertà di mercato e della libertà dei cittadini.

La disattenzione su questo tema o peggio la sua rimozione produce tanti effetti negativi come la strumentale opposizione trasversale alla regolarizzazione delle badanti e dei lavoratori agricoli in nero in mano ai caporali controllati dalle mafie oppure la scarcerazione di mafiosi, sconfitti dalla società e dallo stato, ma rimandati a casa invocando il Covid19, come se lo stato non fosse in grado di curarli al meglio in adeguate strutture sanitarie e salvaguardandone la salute. La rimozione inoltre cancella la presenza dell’economia criminale dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione del sistema capitalistico con la complicità di parte della classe dirigente.

Ne sono convinti persino gli studenti italiani, intervistati dal Centro studi La Torre nell’indagine sulla loro percezione del fenomeno mafioso, che affermano con decisione che le mafie saranno cancellate solo quando non potranno godere del sostegno di quella parte della politica e della classe dirigente che ne trae potere.

Queste brevi considerazioni sono state sollecitate da quanto dirigenti locali nazionali della sinistra hanno sinora detto.

Speriamo che le ascoltino!


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