50 anni dallo Statuto dei lavoratori. Mattarella: senza diritti non esiste lavoro di qualità. Landini: garantire tutele per tutti i rapporti di lavoro

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“Cinquant’anni fa lo Statuto dei lavoratori diveniva legge della Repubblica, nel percorso di attuazione di quei principi di libertà, solidarietà e giustizia che la Costituzione, sin dal suo primo articolo, ha legato alla dignità del lavoro e al suo valore sociale. Questo processo storico, attraverso il quale i lavoratori, i cittadini, le imprese, le forze politiche e sociali sono riusciti – tra conflitti, convergenze, contrattazione – ad ampliare i diritti e il loro concreto esercizio, ha contribuito a rafforzare la democrazia e a sostenere lo sviluppo del Paese” scrive il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Prezioso è stato l’impegno dei ministri Giacomo Brodolini e Carlo Donat Cattin, del professor Gino Giugni. L’opera di costruzione sociale e giuridica dello Statuto coinvolse allora tutto il mondo del lavoro. Lo Statuto fu un grande traguardo sociale e culturale, e al tempo stesso fu tappa importante nella vicenda repubblicana e nelle trasformazioni che dagli anni settanta si sono fatte sempre più accelerate. Tanto si è discusso, e tanto inevitabilmente si discuterà ancora, su cosa va aggiornato di quel complesso di norme, cosa preservato e cosa ulteriormente potenziato”, aggiunge il capo dello Stato. Per Mattarella “le straordinarie innovazioni in atto ci mettono di fronte a grandi opportunità e, contemporaneamente, anche a rischi di fratture, di emarginazioni, di iniquità. Lo Statuto dei lavoratori è divenuto simbolo di presidi, le cui radici costituzionali sono sempre più visibili: peraltro la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ne ha rafforzato il carattere di patrimonio di civiltà, comune a tutto il Continente, e oggi il pilastro europeo dei diritti sociali, approvato al vertice di Göteborg, è chiamato a darne concreta applicazione. Il lavoro – osserva – sta cambiando, e le conseguenze della nuova crisi globale rischiano di farsi sentire più forti dove già si avvertivano carenze: l’occupazione femminile e quella dei giovani. Dal lavoro, dalla sua dignità e qualità, dipende il futuro del Paese e dell’Europa. Senza diritto al lavoro e senza diritti nel lavoro non ci può essere sviluppo sostenibile. La sfida dei cambiamenti va affrontata con coraggio e la partecipazione, con il lavoro, al bene comune è un collante irrinunciabile per tenere unita la comunità e renderla più forte”.

Landini: “Garantire gli stessi diritti e le stesse tutele per tutti i rapporti di lavoro, in tutte le loro forme”.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in occasione dei 50 anni dello Statuto dei lavoratori, nato il 20 maggio 1970, rilancia la proposta della Confederazione per un nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. In un messaggio video sulla piattaforma “Collettiva”, Landini parla della “conquista che si realizzò” allora, con “la Costituzione che entra nei luoghi di lavoro”. Oggi, “a distanza di 50 anni, la Costituzione è ancora quella, non sono riusciti a cambiarla, ma i vari governi che si sono succeduti negli ultimi 25 anni allargando la precarietà, rendendo più facili i licenziamenti, nei fatti hanno svuotato molto spesso di significato quello Statuto e quei diritti. Di fatto oggi le persone pur lavorando gomito a gomito nello stesso luogo di lavoro molto spesso non hanno gli stessi diritti e le stesse tutele. La precarietà, l’appalto, il subappalto, la finta cooperativa stanno di fatto aumentando la paura e la competizione tra le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare”, afferma ancora Landini, rimarcando l’obiettivo che è quello della “riunificazione dei diritti nel lavoro”. Per questo, ricorda, “abbiamo presentato in Parlamento una proposta di legge, raccogliendo un milione e mezzo di firme, per un nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. I diritti – insiste – non devono essere legati al tipo di rapporto di lavoro (che sia partita Iva, subordinato, autonomo) o al tipo di assunzione, devono essere in capo alla persona che lavora”. Questo, sottolinea, “vuol dire cambiare le leggi sbagliate e costruire uno Statuto del futuro.che duri nel tempo”.

Da jobsnews


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