Senza pubblico non c’è cinema

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Il 6 gennaio 1896, giorno dell’Epifania, fu il pubblico a determinare il successo planetario del cinema accorrendo alla proiezione di uno dei primi film dei fratelli Lumières: dinanzi all’immagine in primo piano di una locomotiva che arriva in stazione e sembra travolgere la platea alcuni spettatori balzarono in piedi e fuggirono terrorizzati. Almeno così recita la leggenda. Oggi, 124 anni dopo, a causa dell’epidemia da virus, il cinema sembra costretto a dover fare a meno del pubblico. Che è un controsenso. Ma non solo per il cinema. Il problema è allo studio di tutti gli organizzatori di eventi pubblici. E non si è trovato ancora soluzione. Una cosa è certa: festival, fiere, mostre, gare, saloni, spettacoli, manifestazioni senza pubblico non possono sopravvivere. In questi primi mesi di epidemia abbiamo dovuto rinunciare a centinaia di eventi di tutti i generi. E in futuro?

D’altronde, è risaputo: tutto quanto fa spettacolo ha bisogno del suo pubblico. E’ sempre stato così, fin dai tempi antichi. Mai tragedia fu rappresentata dinanzi  alle gradinate vuote dei teatri greci o romani, almeno fino ad oggi. Da secoli non si vedeva una piazza San Pietro deserta con il solo pontefice romano a celebrare la messa più triste della storia. E il Ramadan alla Mecca senza i milioni dei suoi fedeli accalcati all’inverosimile? E’ impossibile concepire un giro d’Italia o un Tour de France senza milioni di appassionati di ciclismo sgranati lungo il percorso. O un Gran Premio di formula uno senza tribune traboccanti di folla erette nei punti strategici del percorso. Previste senza pubblico, sono già saltate le Olimpiadi di Tokio e altri importanti eventi sportivi sono stati rinviati sine die. Da noi si discute sul calcio: c’è chi vuole rimandare il campionato a tempi migliori e chi vorrebbe far giocare le partite in stadi vuoti di pubblico. Inimmaginabile la scena: niente cori, niente striscioni, niente insulti all’arbitro, niente tumulti sedati dalla forza pubblica, niente bengala o mortaretti lanciati fra i giocatori che corrono in silenzio sull’erba come tanti pesci colorati nell’acquario.

C’è da chiedersi: cosa diventeranno i musei senza turbe di visitatori? La Cappella Sistina senza il serpentone perenne che si snoda lungo le mura vaticane, dove furbi abusivi salta – fila proliferavano sulle spalle d’ignari turisti?  E Aida a Caracalla, o la Tosca all’Opera senza i giovani appassionati di lirica finora disposti a bivaccare nel sacco a pelo sotto i portici del teatro Costanzi, pur di assicurarsi un biglietto? In Florida ha chiuso perfino Disney World, dopo aver licenziato il 95 per cento dei dipendenti; e come farà le Cirque du Soleil senza il pubblico costantemente con il naso all’aria ad ammirare le stupende coreografie e i volteggi dei suoi incredibili acrobati?

Del pubblico, pur non pagante, ha bisogno anche la televisione: i suoi show più popolari, i telequiz, le gare canore o di ballo sono seguite da un pubblico che sembra entusiasta ma che in realtà applaude a comando. E se il pubblico non lo puoi riunire, la televisione rinuncia a nuove puntate e replica le vecchie, con l’avvertenza che si tratta di programmi registrati prima del famigerato decreto del presidente del consiglio dei ministri del marzo scorso. Una scappatoia alla quale non possono ricorrere le altre forme di spettacolo. Il teatro che ovviamente è sempre live, non può andare in scena davanti ad una platea vuota, il “forno”, come si dice in gergo. Neanche Molière vi fu costretto.  Oggi Gigi Proietti per il suo teatro scespiriano di Villa Borghese sta cercando di inventarsi qualcosa, ma è perplesso. Insomma, senza pubblico non si fa spettacolo. Ma siccome the show must go on si dovranno trovare delle alternative alla mancanza di pubblico. Si riuscirà a quadrare il cerchio?

Tornando al cinema, i curatori del festival di Cannes e della Mostra di Venezia si spiano a distanza cercando ognuno di capire quali soluzioni sta cercando l’altro. Sulla Croisette o al Lido il problema è lo stesso: non puoi attirare pubblico senza farlo assiepare sul red carpet o davanti al palazzo del cinema prima di riempire all’inverosimile le sale di proiezione.  Non si scappa: senza pubblico non c’è cinema. E pensare che di recente si sono inventate le multisale, proprio per attirare più spettatori possibile. Come si sono moltiplicate le partite di calcio con la creazione di multi – campionati per riempire di tifosi stadi sempre più moderni, e i gran premi di formula uno in ogni Stato sovrano (compreso San Marino, manca solo il Grand Prix della Città del Vaticano). A Roma la sindaca aveva addirittura portato la formula uno elettrica. Il coronavirus ha staccato la spina.

Era soltanto ieri, sembra un secolo fa, come il film dei Lumières che mise in fuga i suoi pochi spettatori. D’altronde, chi fu che disse: “Il cinema un’invenzione senza futuro”? Fino a ieri sembrava una stupidaggine, oggi quasi una profezia.


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