Se neanche Mattarella fa più notizia

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Si comprende l’abisso nel quale siamo sprofondati nel momento in cui si aprono i giornali – tanti, come d’abitudine – e ci si rende conto che nessuno, a parte Avvenire, ha avuto il coraggio di mettere in prima pagina la notizia della visita del presidente Mattarella in una scuola multietnica del quartiere Esquilino, a Roma. Ora, per carità, nel mondo ne stanno succedendo di tutti i colori e non si può certo tacere sugli sviluppi del Coronavirus (cui, peraltro, la visita del Presidente è strettamente legata) o sulla tragedia ferroviaria occorsa in Lombardia, così come non pretendo che si oscurino le notizie relative alla latente crisi di governo per via delle divisioni interne alla maggioranza sulla riforma Bonafede relativa alla prescrizione. Ma quando l’unico giornale che ha il coraggio di alzare la voce contro i disumani accordi con la Libia sui profughi e di fornire il giusto risalto, con tanto di foto, alla visita di Mattarella in un istituto in cui la diversità è considerata una ricchezza e i bambini giocano, scherzano e crescono insieme, quando si assiste a un infortunio collettivo di queste dimensioni, significa che il giornalismo italiano deve porsi domande importanti. Perché la verità, spiace dirlo, è che anche noi stiamo diventando, non da oggi, un megafono del cattiverio, anche noi stiamo alimentando, sia pur involontariamente, nella maggior parte dei casi, l’odio e la disumana violenza denunciata in una recente intervista dalla ministra Lamorgese, anche noi non siamo più in grado di esprimere un’effettiva solidarietà e vicinanza agli ultimi, ai deboli e alle vittime di questa mefitica stagione; in poche parole, anche noi stiamo diventando, inavvertitamente, carnefici.

Mattarella e papa Francesco non piacciono alle destre, sono odiati da nazionalisti e sovranisti, sono considerati nemici da tutti coloro che sul cattivismo prosperano e che, grazie a esso, hanno costruito fortune politiche ed editoriali considerevoli. Ma a sinistra? Possibile che anche sul versante progressista non si comprenda il bisogno di bellezza, umanità e gentilezza che attraversa la nostra società? Possibile che non si capisca che il successo delle Sardine non è dovuto tanto alla loro contrapposizione a Salvini quanto, più che mai, al desiderio di milioni di persone di tornare a respirare? Possibile che non siamo piu in grado di valorizzare la potenza e la grandezza dei gesti simbolici? Possibile che in un momento come questo, mentre la comunità cinese è sotto attacco e compaiono cartelli degni delle Leggi razziali, le dispute governative prevalgano sulla saggezza di un uomo che si è recato in quella scuola come messaggero di pace, tolleranza e rispetto reciproco?
Quando una persona mite come Mattarella, estremamente attento a ogni parola e a ogni gesto che compie, avverte la necessità di dare un segnale così forte, fino a farsi fotografare in mezzo a bambini e maestre che costituiscono l’antitesi del concetto di discriminazione e razzismo, significa che siamo arrivati al punto della scelta: o di qua o di là. O si sta con chi semina odio, terrore e fanatismo o si sta con chi li combatte e si impegna, ogni giorno, per costruire una società più giusta. In quella foto c’è il mondo intero, un’altra idea di mondo, di umanità e di convivenza civile. Porre in secondo piano una notizia del genere significa non aver colto lo spirito del tempo. Non saper distinguere tra chi so batte per la dignità dell’uomo e chi è contro. Illudersi di poter restare affacciati alla finestra mentre la barbarie ci scorre sotto gli occhi.
“Odio gli indifferenti” perché l’indifferenza, come ci ha ricordato più volte Liliana Segre, dapprima conduce al fascismo e poi conduce ad Auschwitz, per la sola colpa di esser nati.


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