La filosofia del commendator Brambilla

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Nomen omen, il proprio destino nel nome che si porta. Gli antichi ci avevano azzeccato. Uno che di cognome fa Brambilla, è nato in Brianza da una famiglia d’imprenditori, è alto quasi due metri e ha la parlantina sciolta difficilmente avrebbe fatto l’astronauta. Logico, quindi, che avesse nel proprio futuro, la proverbiale ”fabrichetta”. Ma stavolta un diavoletto ci ha messo la coda. Ed ecco Gianluca Brambilla, imprenditore di successo, che per partecipare alla conviviale familiare del Rotary Club Roma Olgiata dedicata al tema “ L’impresa oggi è … motivarsi e credere!”, la sera del 31 ottobre scorso ha dovuto declinare l’invito all’ennesimo talk show televisivo al quale era stato invitato e di cui è frequente ospite: ha le phisyque du rôle perfetto per tenere la scena in uno studio televisivo dinanzi ad un pubblico plaudente. L’argomento è sempre quello, la difficoltà di fare impresa in Italia, e quasi fosse un attore ha il suo cavallo di battaglia: troppe leggi, troppe tasse, voglia di scappar via. “ Intanto lo fanno le mie figlie – ha annunciato – come tanti giovani italiani che vanno all’estero delusi dall’Italia”.

Non dice per chi vota ma s’intuisce, ebbe come modello il Berlusconi imprenditore, ricorda all’uditorio che lui viene dalla Bocconi dove ha imparato i fondamentali della professione, ma di suo poi ci ha messo l’entusiasmo, la voglia di fare, la determinazione: altro che la paterna “fabrichetta”.  Anche perché le leggi italiane fra le quali deve destreggiarsi l’imprenditore ambizioso sono tante, troppe: esattamente 160mila! “Impossibile, mentre si lavora, non calpestarne qualcuna anche involontariamente – dice – e allora ti piomba in casa, alle sette del mattino, la Guardia di Finanza e i figli ti annunciano che piuttosto vanno in India”.

Per il lontano Paese orientale Gianluca Brambilla ha come un tira-tira: ne ammira l’intraprendenza delle donne, che all’università studiano magari da astrofisiche e poi tornano al paesello a fare le mogli sottomesse di mariti predestinati anche se analfabeti.  Segno di costanza nel rispetto delle tradizioni. Gli indiani sono più di un miliardo ma hanno meno leggi di noi, sembra pensare l’imprenditore brianzolo. “A noi ci ammazza la burocrazia. Lasciateci lavorare in pace” sembra dire Brambilla. E chiude la sua colorita invettiva contro i nemici dell’impresa italiana con una barzelletta, in verità piuttosto vecchiotta, sulla caricatura del “cummenda” che rispetto al concorrente vanta un capannone più grande, un’automobile più potente, un’amichetta più bella, e la moglie lusingata è d’accordo. Il pubblico ride e applaude, il successo è assicurato, la serata un trionfo.  Enrico Brignano, parlata romanesca a parte, non avrebbe fatto di meglio.


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