Giornalismo sotto attacco in Italia

Marocco, giornalista a processo per aborto e relazione extraconiugale

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Tra i mille modi per tentare di mettere a tacere i giornalisti scomodi, le autorità del Marocco ne hanno scelto uno particolarmente squallido.

Hajar Raissouni, della redazione del quotidiano indipendente “Akhbar al-Yaoum”, è stata arrestata il 31 agosto insieme al fidanzato Amin Rifaat, a un medico e a due suoi assistenti, all’uscita di uno studio medico della capitale Rabat.

Hajar è accusata di aver abortito e di aver avuto una relazione sessuale al di fuori del matrimonio.

In Marocco l’aborto è consentito solo se la salute della sposa sia in pericolo e se lo sposo acconsenta. Ma questa eccezione non vale, ovviamente, nel caso di di Hajar e Amin, che secondo il codice penale hanno commesso un reato nel reato.

Ovviamente le autorità marocchine negano che l’arresto di Hajar abbia a che fare con la sua professione giornalistica. Qualcosa fa però supporre il contrario.

Hajar è la nipote di Ahmed Raissouni, un noto teologo islamista ed ex presidente del Movimento per l’unicità e la riforma, uno dei più popolari movimenti religiosi del Marocco.

La giornalista è conosciuta per i suoi articoli critici nei confronti del governo. A maggio ha pubblicato una lunga intervista ad Ahmed Zefzafi, padre di Nasser, il leader del movimento di protesta Hirak El-Rif condannato a 20 anni di carcere.

Nel novembre 2018 l’ex direttore di “Akhbar al-Yaoum”, Taoufik Bouachrine, è stato condannato a 12 anni per accuse motivate politicamente.

Dal carcere, il 4 settembre Hajar ha fatto sapere di essere stata interrogata sui suoi articoli, suoi suoi colleghi e sulle attività dello zio. Né sulla relazione extraconiugale né sull’aborto, che sembrano essere dunque meri pretesti.

Per la relazione extraconiugale, Hajar e Amin rischiano fino a un anno di carcere, per l’interruzione di gravidanza lei potrebbe prendere da sei mesi a due anni di carcere.

Al dottore e ai suoi due assistenti potrebbe andare persino molto peggio: rischiano fino a 10 anni per “procurato aborto”

L’udienza è prevista il 9 settembre.


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