Gere, Almodóvar, Springsteen e Soldati, ovvero: della bellezza

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Il tema di questo articolo è la bellezza, la sua complessità, la sua ricchezza. Richard Gere e Bruce Speingsteen, per dire: due icone dell’America migliore, di quell’America umana e umanitaria, dignitosa, colta e ricca di amore per il prossimo che l’era Obama ha esaltato e il trumpismo denigra e disprezza con la sua barbarie continua e, purtroppo, deleteria. Ne fanno settanta in quest’anno ricco di anniversari e si pongono come simboli di un riscatto possibile, anzi necessario. Entrambi lottano e lotteranno ancor più il prossimo anno per liberare gli Stati Uniti da un personaggio che non solo disistimano ma che ritengono, non a torto, responsabile del declino, apparentemente inarrestabile, del paese.

Non hanno bisogno di presentazioni. Un attore di fama mondiale e un cantante in grado di far evaporare ogni tormento in una nuvola rock, di arricchirci con canzoni straordinarie, di emozionarci, di farci sognare e di mantenere, ancora alla sua età, un’intensità nella narrazione del mondo e delle vicende umane che non smette mai di stupirci, di commuoverci e di farci innamorare della sua arte.

E ne fa settanta un altro che vorremmo si candidasse all’eternità: l’immenso regista Pedro Almodóvar, i cui film sono sempre opere d’arte, poesia filmata, meraviglia sotto forma di pellicola. Se il cinema è considerato la settima arte è perché esistono personaggi come lui, artisti senza tempo, dotati di una cultura smisurata, di un impeto visionario, di una forza d’animo che va al di là dei confini della rappresentazione per entrare nella vita vera, nella quotidianità di ciascuno di noi.

È lo stesso mestiere che ha svolto per la sua lunga e avvincente vita Mario Soldati, personaggio poliedrico e dotato di un’innata saggezza, capace di attraversare un secolo sempre con la stessa furia, con lo stesso entusiasmo, con la stessa ammirevole passione civile. Ci ha detto addio vent’anni fa ma è giusto rendergli comunque omaggio, in quanto sarebbe andato d’accordissimo con gli altri tre e, probabilmente, ne sarebbe diventato estimatore e amico.

Un articolo sulla bellezza, dunque, sulla gentilezza, sull’ardore, sulla volontà di non arrendersi mai e sul genio infinito di chi usa come uniche armi la propria intelligenza e la propria voglia di affermarsi, e ci riesce perché esiste ancora un minimo di riconoscimento del merito e della competenza e, soprattutto, perché c’è un popolo, sia detto stavolta senza alcuna retorica, pronto ad abbracciarne la grandezza e a restarle fedele.


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