Democrazia o non democrazia

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Il quotidiano “La Repubblica” apre oggi con un titolone a tutta pagina, “Il governo last minute”, seguito con enfasi da un sottotitolo  che per i lettori poco informati, e sono tanti, potrebbe sortire l’effetto di una fake news: “solo 60mila voti varano l’alleanza giallo rossa”. “Pochissimi – precisa Ezio Mauro nell’editoriale – rispetto ai dieci milioni e mezzo di elettori Cinque Stelle”.

Come se oggi Giuseppe Conte, sciogliendo la riserva con cui aveva accettato l’incarico di verificare la possibilità di questa alleanza tra il PD e i Cinque Stelle non andasse a riferire al Presidente Mattarella l’accordo politico trovato insieme alle delegazioni dei due partiti e dei rispettivi gruppi parlamentari  in base ad un programma per la legislatura, bensì il risultato di una consultazione online presso un sito informatico privato come è in effetti la piattaforma digitale Rousseau. Una consultazione che da anni fa parte delle regole di democrazia interna del partito fondato da Beppe Grillo.

Chiaro che si tratta di regole discutibili, ma possiamo a mio avviso – e non solo mio, a giudicare da altri commenti apparsi in altri giornali –  considerarle determinanti soltanto nella misura in cui sono determinanti le primarie “aperte ai passanti”  che hanno fatto la fortuna (o la sfortuna) di Renzi, così come altre procedure più o meno autoritarie adottate in altri partiti. Referendum tra gli iscritti sono previsti anche nello statuto del PD. Che in pratica non vengano mai realizzati non è necessariamente un merito.

E’ pur vero che nell’articolo 1 della Costituzione è scritto che la sovranità popolare si esercita “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Se questi fossero stati violati o elusi come sostiene qualcuno è ovvio che il Presidente Mattarella sarebbe intervenuto per impedirlo. E’ vero anche che l’articolo 49  della medesima dispone che i cittadini, associati in partiti, concorrano “con metodo democratico” a determinare la politica nazionale, ma è sempre stato chiaro a tutti che servirebbe una legge per regolare la democrazia interna ai partiti, proposte ne sono state presentate a bizzeffe ma in sessanta anni nessuna è entrata in vigore. Ci sarà un motivo se per oltre mezzo secolo si è preferito da parte del Parlamento evitare di entrare nel merito dell’organizzazione interna ai soggetti politici.

La piattaforma Rousseau presenta tuttavia il rischio della mancanza di trasparenza che hanno tutti gli algoritmi, a cominciare da quelli del cd GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft), tanto più pericoloso quanto più coinvolge la comunicazione nella vita politica e sociale. Quando ho posto questa critica a chi è addentro alle segrete cose mi hanno fatto capire che rimediare è molto difficile, perché aumentando la trasparenza aumenterebbero anche i rischi per la sicurezza oltre che per la privacy.  Insomma, bisognerebbe fidarsi oppure trovare il modo di negoziare il contenuto degli algoritmi con esperti indipendenti o rappresentanze qualificate dei cittadini utenti. Nel caso Rousseau, i Cinque Stelle hanno fatto certificare da terzi la regolarità del voto. Certo è che più passa il tempo, più avanza il cosiddetto progresso e con più forza si pone l’eterna questione della moralità pubblica e dei sistemi per garantirla.

Con questa precisazione, mi pare di poter concludere che quella che i Cinque Stelle chiamano con enfasi altrettanto ingiustificata “democrazia diretta” si aggiunge in realtà, senza necessariamente mortificarla, alla democrazia rappresentativa che mantiene sia la promozione che la possibilità di un riesame successivamente al voto sulla piattaforma.


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