#vitesottoscorta, Ruotolo e gli altri cronisti minacciati: non siamo privilegiati, unico modo per lavorare

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Le vite scorta viste da vicino sono nomi, ore di sonno perse, ideali, fiducia, lavoro. “Io non accuso nessuno, appartengo ad una generazione che rispetta sempre le istituzioni, voglio solo dire qui e oggi che se c’è stata questa straordinaria presa di posizione per me significa che la gente, l’opinione pubblica, ha bisogno di informazione. Non dimentichiamoci mai che l’articolo 21 della Costituzione prevede il dovere d’informare e, al tempo stesso, l’ancor più importante diritto dei cittadini ad essere informati”. Sandro Ruotolo, alla sua prima uscita dopo il caso-scorta, nella conferenza stampa che si è tenuta in Fnsi, sposta subito il tiro sulla declinazione del verbo in “noi” e mai sull'”io”. Parla da giornalista sotto scorta da anni e ripete i motivi che sono alla base della sua protezione da parte dello Stato. Il clan che fa capo a Michele Zagaria lo vuole morto, la prova evidente (una delle tante) la si è avuta quando nel 2016 è andato nella sede di Libera di Casapesenna (regno indiscusso dei casalesi) a ritirare un premio; il giorno dopo al responsabile dell’associazione furono “recapitate” le interiora di un capretto. Il messaggio della camorra era chiaro: lo volevano squartare. All’appuntamento #vitesottoscorta, voluto dal Presidente di Fnsi, Giuseppe Giulietti, e dal segretario Raffaele Lorusso si è parlato molto dei giornalisti sotto protezione per il loro impegno professionale e civico; e si parlato tanto di Campania, una delle regioni più difficili da raccontare e con un numero troppo alto di cronisti minacciati. Tra questi Marilena Natale, presente alla conferenza stampa e autrice di un intervento puntuale sulle condizioni in cui versa la Campania: “Io vorrei sapere il motivo per cui era stata rivista la scorta a Sandro Ruotolo, cosa è cambiato? Mi viene il dubbio che siano stati toccati livelli intoccabili. Perché se vogliamo stare al dato tecnico sulla vicenda specifica, allora dobbiamo ricordare che chi lo ha minacciato non si è pentito, che autorevoli esponenti arrestati in passato sono tornati liberi o stanno per esserlo e che questi sono fortissimi, potenti sul territorio. Stiamo parlando di un’area ad altissima densità criminale, nella sola provincia di Caserta su 107 Comuni, 100 sono interessati da inchieste e sappiamo dei contatti tra clan e politica. Allora è questo il problema? Ok, toglieteci la scorta e la nostra scorta saremo noi, noi giornalisti. Ma non smetteremo di raccontare”. Per Claudio Silvestri, segretario del Sugc (sindacato unitario dei giornalisti campani) l’annuncio della revoca della scorta a Sandro Ruotolo ha destato moltissime preoccupazioni, intanto per la sua incolumità ma anche per il ruolo che interpretato in questi anni, lui è il presidente dell’unione dei cronisti campani, un punto di riferimento per tutti i giovani giornalisti che raccontano questa terra difficile e vengono aggrediti, minacciati, denunciati, vivono con la camorra al fianco e Ruotolo rappresenta uno straordinario motivo per andare avanti. Non ha mai fatto mancare la sua presenza accanto ai colleghi minacciati e in pericolo in Campania, mai. Per questo indebolire lui significava rendere più deboli tutti noi”.
Nel corso dei lavori è intervenuto telefonicamente Paolo Berizzi, il giornalista di Repubblica cui da pochi giorni è stata attribuita la scorta per le minacce (rivolte anche a suoi familiari) legate alle inchieste sui movimenti neofascisti e neonazisti, aumentate con la pubblicazione del libro “Nazitalia”. Berizzi ha ribadito che “una vita sotto scorta non è un privilegio ma una grande zavorra”, richiamando affermazioni identiche di Paolo Borrometi, sotto scorta per le minacce ricevute dalla mafia. In collegamento da Gioia Tauro anche Michele Albanese che ha sottolineato quanto sia importante la vicinanza della Fnsi ai giornalisti sotto tiro “perché questo diminuisce il senso di solitudine che in alcune regioni del Sud circonda la professione”. L’iniziativa è andata oltre le riflessioni, amare, sulla necessità, in Italia, di tutelare giornalisti che, al fondo, fanno solo bene il loro lavoro. Si è parlato infatti anche della necessità di riforme legislative volte a diminuire la pressione delle querele temerarie sui giornalisti, che sono ormai una vera e propria forma di bavaglio e persecuzione. “La politica, la maggioranza, anziché tagliare i fondi per l’editoria e il pluralismo dell’informazione, proceda a calendarizzare la legge contro le querele bavaglio – ha detto il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – e in questo modo darà un segnale concreto del rispetto della libera informazione di cui finora si sono sentite solo vuote frasi di circostanza. Su quella legge ci sono concordanti posizioni a favore, la si metta all’ordine del giorno. Una seria riforma è attesa da troppi anni, come dimostra il caso di Concita De Gregorio (costretta a pagare in luogo degli editori dell’Unità, in seguito al fallimento ndc) e quello di decine di colleghi in tutto il Paese. Servono fatti , non chiacchiere, questo chiediamo. E anche per questo abbiamo invitato il Presidente del Consiglio al congresso della stampa italiana che si tiene tra pochi giorni, un luogo trasparente dove potersi confrontare”. A rinnovare l’invito al Premier Conte, al vice Di Maio e al sottosegretario con delega all’editoria, Crimi, è stato anche il segretario di Fnsi, Raffaele Lorusso che ha ribadito la necessità di “avere prove concrete circa il rispetto della stampa e della sua libertà” da parte di chi per ora ha solo tagliato i fondi per il pluralismo. “Li aspettiamo a Levico Terme – ha aggiunto Lorusso – dove chi davvero vuole confrontarsi pur partendo da posizioni che già sappiamo essere distanti può farlo”. Resta di questa iniziativa lo scopo primario, ossia non spegnere i riflettori sui territori difficili, com’è appunto la Campania, perché questa resta, comunque, la più alta forma di protezione di chi svolge inchieste scomode nelle periferie del Paese, dove domina la criminalità.


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