Tra criminalità e mafia. Roma nella relazione della DNA

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Donatella D’Acapito 

Dove ci sono i soldi arrivano le mafie. Non è un caso che il giudice Giovanni Falcone avesse coniato l’espressione “Follow the money”. Perché la regola a cui ogni consorteria criminale si piega è quella che le permette di preservare e accrescere i propri affari, così da vedere di pari passo ampliarsi e consolidarsi anche il proprio potere sul territorio. E se si pensa alla Capitale, che di soldi ne vede girare tanti e per tanti motivi, non si fatica a credere nell’esortazione messa in bocca al Libanese in “Romanzo Criminale”, dove quel “se compramo tutta Roma!” rappresentava il grimaldello per entrare nel gotha delle strutture criminali che attanagliavano la città.

È particolare, la Capitale. È la città delle istituzioni, della politica, dei palazzi storici, delle società e degli appalti. È una città allettante, Roma: la criminalità lo sa. E come accade nelle altre aree del Paese economicamente ricche ma non terra di mafie tradizionali, le organizzazioni mafiose hanno individuato nel riciclaggio di capitali illecitamente accumulati altrove e nell’investimento in attività imprenditoriali il proprio core business.

Qui – emerge dalla annuale relazione presentata dalla Direzione Nazionale Antimafia – la criminalità organizzata, soprattutto la camorra e con il tempo anche la ‘ndrangheta, ha preferito non duplicare i meccanismi tipici che in uso nei territori d’origine, ma optare per una infiltrazione silenziosa nel tessuto commerciale e imprenditoriale… Da liberainformazione


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