Alberto La Volpe, direttore galantuomo

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Se penso ad Alberto La Volpe, il mio primo direttore di quando, nel lontano 1992 misi per la prima volta piede al “Tg2”, il primo pensiero è “galantuomo”. Poi lo associo al programma che forse ha più amato: “Lezioni di mafia”, un ciclo di inchieste e reportages ideato con Giovanni Falcone. Falcone avrebbe dovuto essere l’insegnante, “lezioni” appunto, sulle varie tipologie del grande crimine organizzato, in Italia e nel mondo.

Purtroppo Cosa Nostra, alla vigilia della prima puntata, ci priva del “maestro”: Falcone viene ucciso con la moglie e la scorta vicino a Capaci. La Volpe vuole ugualmente fare la trasmissione, in onore del suo amico: quel magistrato che il mondo ci invidia, e che in Italia tanti detestano: non solo Totò Riina e la sua banda di mafiosi tagliagole. Anche dentro le “istituzioni”. Tanti lo “chiacchierano”, Falcone; per potergli poi rimproverare di essere “chiacchierato”. “Lezioni di mafia” ancora oggi dimostra quello che può e che deve essere il servizio pubblico.

La Volpe, direttore galantuomo: a tanti di noi ha insegnato come si deve e si può coniugare rigore senza smarrire umanità e senso della misura. Non gli piaceva la televisione del dolore, chiedeva un’informazione corretta ed onesta; ci ha insegnato che si ha diritto alle proprie opinioni, che però si devono inchinare alla verità dei fatti e non alle convenienze del potente di turno. Un’infinità di volte ci siamo sentiti ripetere: “Un fatto è un fatto; e questo è un fatto”. Ricetta semplice, comprende tutto.

Ha fatto tante cose, Alberto: giornali, radio, televisione, ideatore e conduttore di tanti storici speciali; è mio, nostro direttore, al “TG2”, dal 1987 al 1993. E anche un impegno politico e civile diretto: parlamentare socialista, più volte sottosegretario.
Per tutte le quotidiane, pazienti, preziose lezioni che hai dato a tanti di noi, grazie direttore.


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