“L’aria della libertà. L’Italia di Calamandrei”. Roma, 8 maggio

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di Nino Criscenti e Tomaso Montanari con Tomaso Montanari
Luca Cipriano clarinetto, Marco Serino violino, Valeriano Taddeo violoncello, Marco Scolastra pianoforte
Musiche di Casella, Castelnuovo-Tedesco, Hindemith, Messiaen, Šostakovič, Stravinskij

“L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei” è lo spettacolo di Nino Criscenti e Tomaso Montanari che sarà in scena al Teatro Olimpico di Roma, lunedì 8 maggio 2017, alle 21.15.

FOLIGNO, Auditorium San Domenico domenica 7 maggio ore 17
ROMA, Teatro Olimpico lunedì 8 maggio ore 21
REGGIO EMILIA, Teatro Ariosto lunedì 15 maggio ore 21

L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei è lo spettacolo di Nino Criscenti e Tomaso Montanari che, dopo l’anteprima dell’8 aprile scorso al Teatro Poliziano di Montepulciano, sarà in scena all’Auditorium San Domenico di Foligno il 7 maggio, al Teatro Olimpico di Roma l’8 maggio e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia il 15 maggio, e in tournée nella prossima stagione teatrale.  Nella biblioteca civica di Montepulciano si conserva un grande album fotografico in cui Piero Calamandrei, fra i padri della nostra costituzione, ha raccolto le istantanee delle gite che quasi ogni domenica, dal 1935 fino allo scoppio della guerra, ha fatto con un gruppo di amici in cui si ritrovano alcuni dei maggiori esponenti dell’antifascismo e della cultura italiana del Novecento: Luigi Russo, Pietro Pancrazi, Nello Rosselli, Alessandro Levi, Guido Calogero, Attilio Momigliano, Ugo Enrico Paoli, talvolta Benedetto Croce, Adolfo Omodeo e in qualche occasione Franco Antonicelli e Leone Ginzburg. Non erano gite qualsiasi, e Calamandrei lo ricorderà dopo la guerra: “Negli anni pesanti e grigi nei quali si sentiva avvicinarsi la catastrofe, facevo parte di un gruppo di amici che, non potendo sopportare l’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate coatte, fuggivano ogni domenica a respirare su per i monti l’aria della libertà, e consolarsi coll’amicizia, a ricercare in questi profili di orizzonti familiari il vero volto della patria”.

Tomaso Montanari sfoglia l’album di quelle fughe domenicali in piccoli centri e paesi fuori di mano, pievi, abbazie, resti archeologici, ville monumentali, passaggi di artisti o poeti, luoghi scelti “non per estetismi turistici ma col desiderio di ritrovare, in quelle testimonianze, una tradizione di civiltà, della quale ciascuno di noi, durante la settimana, aveva creduto, nei momenti di maggior scoramento, di avere smarrito il senso”. Sono immagini ‘sparite’ di Tuscania, Camaldoli, Porta di Cosa ad Ansedonia, Certaldo, il castello di Montegufoni, Vallombrosa, Stia, il castello di Romena dove passò Dante, Vinci il paese natale di Leonardo, e ancora altri luoghi e paesaggi.

Ogni tanto la sequenza fotografica viene interrotta dall’irruzione sullo schermo di un cinegiornale che ci riporta nelle “città del falso tripudio”. È il contrappunto all’illusorio fuoriuscitismo domenicale: “Nella gita si è riso e siamo stati allegri. Ma sotto l‘allegria, malinconia, più pungente in primavera, in queste bellissime campagne toscane. L’assillo che rode dentro è mordente e affannoso fino alle lacrime. Chi riuscirà ad esprimere la tragedia della nostra generazione?”.

Una tragedia segnerà quelle gite: l’assassinio di uno dei compagni più assidui, Nello Rosselli, appena qualche settimana dopo la sua ultima passeggiata domenicale. E le segnerà l’angoscia del conflitto incombente: “Tutti, senza dircelo, portavamo con noi in quelle gite la segreta malinconia di chi, andando a far visita ad una persona cara, pensa che forse è quella l’ultima volta che la vedrà e non riesce a scacciare il funesto presentimento: la guerra viene, la guerra verrà. C’era già su quelle colline ridenti un presagio di distruzione”.

Dodici momenti di musica dal vivo entrano, nel corso dei 90 minuti dello spettacolo, sui punti più intensi del racconto. Non un accompagnamento, piuttosto un intervento che nasce dalla parola, che non interrompe il racconto ma lo sottolinea, lo amplifica. Sono brani di alcuni capolavori della musica da camera tra gli anni ‘20 e gli anni ‘40, da Stravinskij con i bellissimi Tre pezzi per clarinetto solo a Casella, Šostakovič e Hindemith, al Quatuor pour la fin du Temps scritto nel 1940 da Olivier Messiaen nel campo di concentramento tedesco in cui era internato.

Del 1945 è la Sonata per clarinetto e pianoforte di Mario Castelnuovo-Tedesco, che sarà eseguita nella parte finale dello spettacolo, dedicata a Piero Calamandrei costituente.

Le parole, gli incontri, le emozioni di quelle passeggiate sono vivi, attuali: sono il programma sentimentale e politico di un’Italia che è ancora possibile. «L’Italia ha ancora qualcosa da dire», gridò Piero Calamandrei nel 1944, riaprendo da rettore l’università di Firenze. Quell’aria della libertà può permetterci di respirare ancora: di immaginare un futuro diverso, un futuro semplicemente, profondamente umano. È l’invito che si sentirà alla fine dello spettacolo dalla voce stessa di Calamandrei in un discorso che rivolse ai giovani, all’Umanitaria di Milano, nel gennaio del 1955.

Lo spettacolo L’aria della libertà è prodotto dall’Accademia Filarmonica Romana, dagli Amici della Musica di Foligno e dalla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà e la Biblioteca Archivio “Piero Calamandrei”.


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