Usa. Manifestazioni ovunque contro Trump “not my president”.

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A Berkeley si risveglia il movimento studentesco. Sanders e Corbyn all’attacco delle elite, rilanciano il progetto socialista

Di Pino Salerno

Bernie Sanders ha dovuto riconoscere la vittoria di Trump e il fatto che diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti, per effetto di una rivolta “antiestablishment di una borghesia declinante”, ma ha confermato che non smetterà di combatterlo. Lo ha detto alle tante migliaia di persone che sono scese in strada in tutti gli Stati Uniti per protestare contro la vittoria di Trump, aggiungendo che naturalmente nel suo ruolo istituzionale di senatore farà il suo lavoro per aiutare le famiglie operaie, anche se ciò dovesse significare venire a patti col neopresidente. Tuttavia, il socialdemocratico Sanders ha confermato che “si opporrà con vigore alle politiche sessiste, xenofobe e antiambientaliste che sono state annunciate nella campagna elettorale da Donald Trump”.

Nella riflessione post elettorale di Bernie Sanders vi è l’osservazione per la quale Trump ha incarnato il risentimento forte della classe media americana. Il senatore ha detto: “Donald Trump si è infilato nella rabbia di una borghesia in declino, malata e stanca, dell’economia dell’establishment, della politica dell’establishment e dei media dell’establishment”. Ha poi aggiunto: “la gente è stanca di lavorare sempre di più con un salario più ridotto, di vedere come i posti di lavoro pagati decentemente emigrino verso la Cina e verso paesi a basso costo del lavoro, non ne può più di miliardari che non pagano le tasse federali e di non poter assicurare un’istruzione superiore ai figli – tutto ciò mentre i ricchi diventano sempre più ricchi”. Ed ha concluso: “se è vero che mr Trump è serio nel perseguire politiche che migliorino la vita delle famiglie operaie in questo paese, io ed altri progressisti siamo pronto a lavorare con lui. Se però lui dovesse perseguire politiche razziste, sessiste, xenofobe e antiambientaliste ci opporremo in modo vigoroso”.

Sanders si è rivolto a tutti coloro che per tutta la giornata di mercoledì hanno manifestato, da New York a Chigaco, da San Francisco a Oakland, da Filadelfia a Seattle, praticamente ovunque. A Manhattan, la gente si è riunita nella Sixth Avenue e ha marciato verso il quartier generale di Trump, alla Trump Tower, con cartelli sui quali era scritto: “Not my president”, “Lei ha preso più voti”, e “giù le mani dalla mia vagina”, in riferimento a quel video in cui Trump affermava di riuscire a portarsi a letto qualunque donna in virtù della sua fama. Alcuni manifestanti sono stati arrestati. Molti di loro gridavano “vaffanculo alla tua torre! Vaffanculo al tuo muro!”, proprio mentre i poliziotti in assetto antisommossa preparavano le barricade, dietro alle quali sono stati posizionati gli idranti.

In migliaia hanno invaso le strade di Chicago, città democratica per eccellenza, che ha sostenuto la Clinton, e prima de lei, Obama. Gli attivisti democratici si sono raccolti sollevando una sorta di “emergenza Trump”, ed hanno bloccato il traffico sulle strade principali al grido: “Trump is not my president”. Moltissimi erano gli studenti delle superiori e delle università. In California, a Berkeley, si è risvegliato il movimento studentesco nelle università, oggi contro Trump, così come i loro padri fecero nel lontano 1968. La reazione di Sanders alla vittoria di Trump riecheggia le posizioni di questi movimenti spontanei, allarmati dalle dichiarazioni estremiste di Trump, e che tuttavia condividono con lui la rabbia verso dei suoi sostenitori verso le elite.

A Londra, il leader laburista Corbyn ha commentato così: “l’elezione di Trump è un rigetto inequivocabile dell’establishment politico e di un sistema economico che semplicemente non funziona per la grandissima parte della gente. È un sistema che ha favorito l’allargamento della disuguaglianza e della stagnazione o caduta degli standard di vita per la maggioranza delle persone, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna”. Ha poi aggiunto: “è il rifiuto di un consenso economico che è fallito e di una elite di governo che è stata percepita come sorda. La rabbia pubblica che ha spinto Donald Trump verso la presidenza non è che lo specchio di quanto sta accadendo in tutto il mondo”.

Da jobsnews


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