Tira una brutta aria in Europa e il vento soffia dall’est

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Tira una brutta aria in Europa e il vento soffia dall’est, dove una buona parte degli ex paesi satelliti dell’Unione sovietica sembra avere nostalgie autoritarie. Quanto a quelli a noi più vicini, vedremo quanto si mostreranno sensibili all’appello implicito nell’Inno europeo (quello alla gioia tratto dalla nona sinfonia di Beethoven) che la radio pubblica polacca trasmette in segno di protesta al posto dell’inno nazionale. Certo, ci vorrebbe qualcosa di più della richiesta di spiegazioni inviata dal vicepresidente della commissione europea. Ma temo che fino a quando il controllo politico effettivo dell’Unione  sarà affidato ai governi e non ai rappresentanti eletti direttamente dai cittadini, proseguirà la tendenza nefasta della tecnocrazia di Bruxelles a favorire la concentrazione del potere reale nelle mani degli esecutivi nazionali. E la ragione non è difficile da capire. Quando le decisioni fondamentali per la gestione di un’economia globalizzata vengono prese “altrove”, chi decide preferisce chiederne l’applicazione a un ministro o a un capo partito piuttosto che a un’assemblea elettiva. A sciogliere il nodo che lega ancora la democrazia europea saranno dunque i popoli che vorranno farlo, molto difficilmente i governi. E la libertà di espressione è condizione sine qua non.


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