Elezioni in Francia. Marine Le Pen sconfigge Hollande e Sarkozy da “estremista di sinistra”

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La metà degli elettori francesi non ha votato, molti altri hanno preferito scheda bianca e nulla. E’ dalle elezioni europee che la Francia si conferma disaffezionata al rito democratico delle votazioni. La Francia ferita, scioccata, insanguinata, repressa non si fida più della sua classe politica: quella grigia e altoborghese, impersonata dai due “presidenti gemelli” Hollande e Sarkozy, ma neppure troppo dalla “Blue Marine”, quella Le Pen figlia del nostalgico fascista Jean Marie e zia della giovane rampante razzista e ultracattolica Marion Marechal. Il Front National è un partito “anti casta”, che però si esprime con un gruppo familiare al proprio  interno.

Ultrasinistra e demagogica al Nord con Marine per conquistare l’elettorato popolare, ex-comunista, con il più alto tasso di disoccupazione, alle prese con una deindustrializzazione senza ritorno e con la massiccia presenza di immigrati clandestini. E con la paura sempre più crescente della perdita delle difese di quel Welfare state che il governo socialista degli “iperliberisti” Valls e Hollande da qualche anno sta smantellando (tassazioni elevate su reddito e case, tagli alla sanità e alla scuola pubblica, riduzione del bonus familiare e del sussidio per la disoccupazione, un ecologismo radicale inviso anche ai più sensibili ambientalisti).

Estremista di destra al Sud, invece, con la Marion Marechal, per ottenere i consensi dell’elettorato piccolo borghese, mercantile e contadino ricco della Provenza e della Costa Azzurra, dove la presenza dell’immigrazione araba è forte, pseudo-integrata in lavori sottopagati e tradizionalmente discriminata, e dove purtroppo è esteso il sentimento antisemita tra Toulon, Toulouse e Marseille, spesso teatri di violenze antisioniste.

Certo, non è stato un voto condizionato dalle stragi terroristiche del Venerdì 13 novembre, se non in minima parte. Negli arrondissement dove sono avvenuti gli attacchi, la sinistra ha avuto i suoi picchi di consensi, ma nella regione dell’Ile de France e in tutta Parigi, l’affluenza alle urne è stata la più bassa del dato nazionale: 54% di astensionismo e un ulteriore 3% di bianche e nulle, rispetto al 45% di astensioni nel Nord, dove la Marine Le Pen è arrivata prima col 40% delle preferenze, e al Sud, che ha visto trionfare la nipote Marion Marechal col 41%, mentre qui l’astensione si è fermata al 48%.

In queste settimane, dopo il dolore straziante per le 130 vittime e le centinaia di feriti, Parigi ha ripreso a vivere, a riempire bar e brasserie, i locali di musica, i boulevard con i mercatini di Natale, i grandi magazzini allestiti in festa, seppure controllati da vigilantes con metal detector portabili, a fare spese nel ricco Salone dei Sapori, zeppo di proposte eno-gastronomiche d’alta gamma e nel quale gli espositori italiani erano i più gettonati.

L’elettorato tradizionalmente intercettato dai socialisti, insomma, non si è fatto impressionare dal clima di allarmismo post-stragista, alimentato dalle misure eccezionali del governo Valls, ma ha invece risposto con un moto di stizza alla nuova immagine del “Presidente guerriero” Hollande, che sta mettendo sotto i piedi la legislazione liberale e democratica avanzata, per contrastare a suo modo l’insorgere di altri eventi stragisti del fondamentalismo islamico. I problemi in Francia si chiamano, come hanno certificato tutti i sondaggi finora effettuati prima del voto regionale, disoccupazione e crisi economica. E, purtroppo, da questo punto di vista il Partito socialista non ha saputo finora dare alcuna risposta nel senso del riformismo e del neo-keynesianesimo cui un tempo si ispirava. Ha privilegiato la linea dell’austerità dettata dalla cancelliera Merkel e dalla BCE, sposando in tutto l’ideologia iperliberista a suo tempo impersonata dall’ex-presidente Sarkozy.

E neppure Sarko può gioire più di tanto della disfatta socialista (meno forte delle previsioni, ma pur sempre tragica). Abbracciata una linea politica più estremista, per cercare di riconquistare l’elettorato che stava scivolando verso l’estrema destra del Front National, in realtà non è risultato convincente, proprio per il suo passato di politico coinvolto in guai giudiziari, il suo “familismo” e la scarsa capacità nell’affrontare la grande crisi economica nel 2008-2012. Con lui la Francia è entrata nel “cono d’ombra” della Germania, ha cominciato a sforare il rapporto Deficit/PIL ben oltre il 3% consentito dal Trattato di Maastricht, ha iniziato a ridimensionare il Welfare state e, ciliegina sulla torta, si è avventurata nella disastrosa guerra alla Liba di Gheddafi, contro le direttive dell’ONU, scoperchiando il “Vaso di Pandora” dell’estremismo islamico e della più vasta marea di immigrazione clandestina nella storia moderna dell’Europa.

Ora, tutta l’attesa è per il turno di ballottaggio nella cabalistica domenica 13, ad un mese dalla “mattanza” al Bataclan e nei locali vicini. E’ poco probabile che i francesi si lasceranno condizionare dalla “mozione degli affetti” del “tutti uniti contro il terrorismo fondamentalista” o dall’appello “all’unità repubblicana” contro l’estremismo euroscettico e razzista delle due Le Pen. Non saranno, purtroppo, i due “gemelli separati alla nascita”, i due “presidenti grigi”, Hollande e Sarkozy, a cambiare le sorti dei risultati previsti: 6 regioni al Front National, 3 al PS e 4 ai Repubblicani. Sempre che i due presidenti non arrivino ad un accordo sotterraneo per siglare l’armistizio e presentare i finora impresentabili candidati presidenti regionali, in nome di un ritrovato “spirito repubblicano”.


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