Siamo tutti parigini

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“Mai piú, mai piú….”, questo il grido che milioni di persone hanno urlato di fronte alle immagini della strage di Parigi. Lo stesso grido lo abbiamo pronunciato dopo gli attentati alle Torre gemelle, le bombe nella metro di Londra, la strage di giovani turchi e curdi, l’assalto alla redazione di Charlie Hebdo.. Lo stesso grido, ad Assisi, lo abbiamo alzato anche di fronte alle immagini di tanti innocenti morti sotto le bombe occidentali in Iraq o in Afghanistan.

L’assalto portato nel cuore di Parigi dai militanti dell’Isis si propone  di avvicinare la guerra totale tra occidente ed Islam, tra fedeli e Infedeli, in una spirale di odio reciproco che provochi la fine di ogni possibile dialogo. Il loro obiettivo è quello di chiudere in un recinto tutti gli islamici e di impedire loro qualsiasi contatto con l’Occidente e soprattutto con quei diritti che ne costituiscono l’essenza: dalla libertà di opinione alla libera circolazione delle persone, dai diritti delle donne al pluralismo politico e religioso.

La strage di Parigi richiede risposte rapide e radicali, ma non certo strumentalizzazioni becere alla caccia dei “Voti della paura”. Se davvero si vuole condurre una lotta senza quartiere ai boia dell’Isis, bisogna in primo luogo unire chi é nel loro mirino, a prescindere dalla fede, dalle razze, dal colore della pelle, a cominciare da quei milioni di profughi che scappano proprio da questi assassini che dicono di ammazzare nel nome di Allah.

Chi, anche in queste ore, invoca la guerra contro L’Islam non sa quello che dice e soprattutto ignora le conseguenze di queste bestialità propagandistiche. Mai come in questo momento ci sarebbe invece bisogno di ritornare ad una politica internazionale capace di stabilizzare le zone dell’infezione, dalla Siria al Libano, di tessere alleanze, di porre fine alle ambiguità di chi ha giocato con il terrore pur di strappare posizioni strategiche, basterebbe pensare alla scarsa solidarietà accordata al popolo curdo che, da anni, combatte i terroristi dell’Isis o alle ambiguità dell’Occidente sulle alleanze in terra siriana.

Che ci piaccia o no, la capacità di rispondere alle stragi e agli assassini passa solo e soltanto dalla politica, intesa come capacità di analizzare i problemi e di elaborare le risposte più efficaci, anche in questo caso il cervello deve guidare i muscoli e non viceversa. Le risposte militari, quando non sono sostenute da una visione politica complessiva e dalle necessarie alleanze, in primo luogo nel mondo musulmanano, sono destinate alla sconfitta e a produrre altre stragi, moltiplicando per mille le terribili immagini di sangue e di morte.

Questo non significa, ovviamente, rinunciare alla repressione e al contrasto piú duro, immediato ed efficace, ma sempre nel contesto di una azione concordata e guidata dalle agenzie internazionali. Coloro che invocano la ritorsione generalizzata contro l’Islam e chiedono di procedere alla espulsione dei musulmani dall’Europa sono i migliori alleati dei tagliagole, appartengono anche loro al mondo dell’integralismo e dell’oscurantismo. In queste ore tornano in  mente le parole di Francesco che, nella sua enciclica Laudato Si, puntava il dito proprio contro il vuoto della politica e la debolezza dell’Onu, causa dell’impotenza della azione internazionale, anche nel contrasto delle guerre e del terrorismo.

Chi vuole davvero andare oltre la pur sacrosanta indignazione ,deve ripartire da queste parole e tentare di unire quanti vogliono vivere in pace, fieri delle proprie identitá e diversitá, ma senza mai trasformarle in muri invalicabili o in filo spinato elettrificato. Di fronte agli assassini che inseguono lo scontro tra ” Inciviltà” serve invece un’alleanza tra quanti ancora credono nella possibilitá di una nuova alleanza civile tra credenti, diversamente credenti e non credenti, nel nome della pace, dell’accoglienza, della giustizia sociale.


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