Tutt’altro genere di informazione

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Domenica 13 settembre presentazione al Festival della Letteratura di Mantova dell’indagine dell’Osservatorio di Pavia su 102 quotidiani e 56 telegionali.
Che tu sia un’importante ministra o una semplice fan d’una cantante sudamericana non fa differenza. Perlomeno non per una certa stampa, che ha un’idea tutta sua di eguaglianza fra le donne intesa come livellamento di tutte verso il basso. Anzi il bassissimo. “Maria Elena Boschi ha un vestito rosso da svenimento”, “La cantante Shakira è la capofila di una schiera di sgallettate”. Trattasi di distorsione: ti descrivo attraverso un particolare che ti riconduce di peso al tuo stereotipo sessuale e così condiziono nel lettore l’interpretazione anche del rimanente testo. Ora, una cosa è sostenere l’esistenza della discriminazione, altra cosa provarla scientificamente.

Nel libro “Tutt’altro genere di informazione” (bel titolo, per inciso) la dimostrazione parte dall’indagine condotta da Monia Azzalini dell’Osservatorio di Pavia su 102 quotidiani e 56 telegionali. E prosegue con interviste e ulteriori analisi sulla quantità e qualità della presenza femminile nei titoli e nei testi della stampa italiana. Utile e sconfortante. Ma da qui si deve ripartire per cambiare le cose. Come e con quali strumenti ne discuteranno domenica 13 settembre al Festival di Mantova (ore 16, tenda in piazza Sordello, ingresso libero) la linguista Stefania Cavagnoli dell’università di Roma Tor Vergata e Mario Calabresi direttore de la Stampa, assieme alla collega Maria Teresa Celotti. Un lavoro ponderoso e lungo un anno lievitato in collaborazione col gruppo Pari Opportunità dell’Ordine nazionale dei giornalisti, che appunto Celotti coordina.

Il percorso per l’indispensabile cambiamento è in parte già tracciato: ci sono ormai da tempo indicazioni internazionali, come il decalogo del Gender Council della Federazione internazionale dei giornalisti, ricerche e testi che indagano gli stereotipi nelle scelte dei temi d’informazione, della loro collocazione, dei linguaggi utilizzati (scritti e per immagini). C’è soprattutto la declinazione linguistica: una donna è una donna e dunque al femminile vanno declinati i termini che la definiscono. Non basta, certo; soprattutto se il titolista scrive correttamente la sindaca, ma poi nell’articolo ci si attarda soprattutto a descrivere l’abbigliamento della prima cittadina…

La dimostrazione di come la gerarchia delle notizie segua la gerarchia di comando nei giornali è in un altro dato: le giornaliste sono il 40% della categoria, le firme di donne sui giornali sono il 20%, le notizie che trattano di donne sono il 17% (tranne che dalle parti dell’8 marzo di ogni anno). In “compenso” gran parte di quel 17 per cento ha per argomento le donne vittime… Infine ci sono le sorpresine. Che il giornale più maschile sia la Gazzetta dello Sport non ci stupisce, col 95% di firme maschili e col 97% di protagonisti maschili (non so se sia peggio utilizzare l’inglese newsmaker o il neoitalico notiziabile…), mentre è meno scontato sapere che il telegiornale col più basso indice di presenza femminile nelle notizie, il 6 per cento, è il tgLa7.

Insomma vale un viaggio a Mantova, domenica 13 settembre. Ma chi se lo perdesse sappia che il libretto di quasi 150 pagine è stato tirato in molte copie e verrà destinato, gratis, ai colleghi che ne faranno richiesta direttamente o attraverso gli Ordini regionali. A proposito di descrizione dell’abito – ma per un libro lo si può fare – il volume ha una bella copertina arancione e bianca che viene replicata anche nell’imaginazione interna…


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