Giornalismo sotto attacco in Italia

All’inizio è sempre così

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Ricordate la poesia di Martin Niemöller? “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano”. Ecco, io credo che quel sentimento tutto sommato di condivisione per i gesti e le azioni di chi faceva rispettare un malinteso concetto di ordine e disciplina, su cui spesso, però, si fondano le società e il comune sentire in esse, non c’entrasse tanto con la natura gitana o il ceppo etnico dei nomadi, ma col fatto che essi, in quella situazione, erano gli ultimi. All’inizio si prendono sempre gli ultimi. E non di rado i penultimi ne sono contenti, perché si quietano le loro paure che rivendicazioni e altre istanze di chi viene dopo possano mettere a rischio le loro sicurezze, per quanto misere e precarie. Ecco, l’immagine dei bambini, quelli non presi dal mare e restituiti, come pietosamente cullati dalle onde, su una spiaggia, marchiati con un pennarello sul braccio dalla polizia Ceca è il segno visibilmente più feroce, e storicamente più evocativo, di quanto sta accadendo. Quei segnati sono gli ultimi, su loro ricade la paura. E li si prende e li si segna, come qualcuno voleva fare qui e ancora ieri con i piccoli rom, perché non siano liberi di porre in discussione il nostro modo di vivere.

E poi ci sono quei treni stipati all’inverosimile. E il filo spinato. Eccetera, eccetera, eccetera. E il popolo, la gente (sì, perché è la gente che fa la Storia, anche quando si volta dall’altra parte), vuole vivere sicura nelle proprie tiepide case, e trovare cibo caldo e visi amici quando rientra la sera, anche se il prezzo per tutto questo è non considerare quello che è stato e quel che è, chi non conosce pace, chi lotta per mezzo pane, chi muore per un sì o per un no. Ciò che è peggio, credo, è che se chiedessimo conto a quella poliziotta di quanto ha fatto, essa probabilmente si stupirebbe della nostra indignazione, sorprendendoci e lasciando alle parole “eseguo degli ordini” o, nella versione produttivistica moderna, “faccio il mio lavoro”, il ricordo peggiore di quello che fu il conformismo così profondo che invase l’Europa meno d’un secolo fa, e che pare non l’abbia più lasciata davvero, scomparendo e riapparendo come un fiume carsico nelle coscienze dei suoi abitanti.


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