Conflitto di interessi, speriamo che a giugno sia… la volta buona

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Viviamo tempi molto diversi da quelli che hanno caratterizzato, negli anni Novanta, la disputa che si aprì e che fu allora senza esclusione di colpi, anche se alcuni dei genitori la usarono per la propria specifica battaglia politica e poi se ne dimenticarono, pensando soprattutto al soggetto per eccellenza del maxi conflitto di interessi
all’allora cavaliere della repubblica e dottor Silvio Berlusconi che nel ’93 era entrato quasi di soppiatto in politica e, meno di un anno dopo, aveva vinto le elezioni politiche in primavera diventando presidente del Consiglio. Nel suo caso, il conflitto di interessi era evidente: uomo tra i più ricchi del Paese, era titolare di tre canali televisivi, di assicurazioni, banche e imprese di ogni genere nel campo della comunicazioni ed era quasi impossibile-si poteva dire-che si trovasse in difficoltà ad espletare un compito di governo senza dover scegliere tra i propri interessi particolari e quelli del partito che aveva fondato e portato alla vittoria. Ma la questione, come è quasi ovvio, non riguarda soltanto Silvio Berlusconi o i leader del centro destra ma tutti gli italiani che entrano in politica e prima o poi rivestono cariche pubbliche.
Non a caso il sottosegretario del partito democratico, Gian Claudio Bressa che ha presentato il 6 giugno dell’anno scorso un progetto di legno che dopo un dibattito diede luogo nell’ottobre a un testo base di 16 articoli che prevedeva tra l’altro la previsione che “i titolari di cariche pubbliche nel
l’esercizio delle loro funzioni sono tenuti ad operare esclusivamente per la tutela degli interessi a loro affidati. Tra gli articoli una delega al governo per disciplinare le cariche di governo locali e nel testo viene stabilita l’incompatibilità tra gli incarichi di governo e qualsiasi altro lavoro ad esclusione del mandato parlamentare.

Il dibattito si è fermato in parlamento il 7 ottobre 2014 ma è ripartito il 26 marzo 2015 con la formazione di un comitato ristretto della commissione per mettere a punto un nuovo testo previsto in aula per il 22 giugno prossimo. Il testo, dopo l’approvazione di Montecitorio, dovrà passare al vaglio del Senato. L’obbiettivo del partito democratico è quello di sostituire la legge Frattini, approvata con l’accordo di destra e sinistra in un momento di grande scontro, e definire i profili e le condizioni per cui un soggetto si ritrova in un conflitto di interessi superando il criterio per cui il conflitto di interessi interviene solo sugli atti. Ipotesi che tuttavia non è gradita a Forza Italia.

Altri temi importanti sono poi la definizione dei soggetti a cui applicare la norma decidendo se vale soltanto per i componenti del governo o anche per tutti i parlamentari e occorre stabilire le sanzioni a cui si viene sottoposti. Sarà necessario stabilire anche quale organismo sarà destinato a vagliare una nuova Authority nazionale o una commissione parlamentare. E tener conto della commissione Bilancio che aveva avanzato qualche dubbio sul piano finanziario.
Resta il fatto che per il rispetto del dettato costituzionale e dei principi che reggono la nostra convivenza democratica non è possibile né limitarsi
a tenere in vita la compromissoria legge Frattini dei primi anni dopo il 2000 nè rinunciare del tutto all’impresa. Gli esempi di come vi hanno provveduto tutti i Paesi dell’Occidente di democrazia compiuta dovrebbero spingere anche l’Italia di archiviare definitivamente l’epoca populistica e ritornare alle regole di una moderna democrazia. C’è quindi da sperare che quella di giugno sia la volta buona.


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