Quante lacrime ho versato nel rivedere (almeno per la decima volta credo) il film di Ettore Scola “C’eravamo tanto amati” e quando nel finale ho rivisto le scene dei tre riportati indietro ai giorni della resistenza in montagna ho pensato con tanta rabbia che quella parte di storia, di patria, di fatica, quella no, quella non ce l’avrebbero portata via. Ho sentito fisicamente che è proprio l’essenza della vendetta e della appropriazione militare del potere che guida gli interessi del peggior governo della storia della Repubblica, il governo di destra destra guidato da Giorgia Meloni.
Nei film come quelli di Scola tutte le miserie e gli errori degli uomini che hanno vinto la guerra lacerandosi, soffrendo come pazzi, conquistando terreno passo passo fra boschi e pievi di campagna, tutto questo viene fuori con cinismo, con durezza, i partigiani gloriosi delle guerra diventano piccoli uomini, alcuni mascalzoni, altri incapaci di comprendere la realtà, i più semplici capaci almeno di dare il meglio della loro stessa semplicità.
Ma è l’evento che li ha uniti, così diversi che mai in un’altra vita si sarebbero potuti incrociare, è l’evento della guerra cominciata per comando e non per voglia e poi diventata lotta per costruire un paese libero, senza dittatura, senza alleanze con il nazismo, con regole uguali per tutti – la resistenza insomma- questo evento è la voglia di vincere e di aver vinto e di averlo fatto dalla parte giusta della storia.
Nel passare degli anni senza vedere i sogni realizzati e vendendosi, alcuni al miglior offerente o mantenendo testardamente le proprie utopie, la figura dell’idealista semplice, del compagno povero ma onesto che fa l’infermiere ed è contento della vita che ha appare l’unico che può sorridere guardando a un avvenire che aveva promesso molto più agli altri due.
A anche i tre protagonisti del film sanno che volevano cambiare il mondo e il mondo ha cambiato loro, ma quel mondo è pur sempre quello che avevano cercato quando tutto sembrava perduto: un mondo libero, senza dittature, senza adunate oceaniche, senza stelle gialle sulle vetrine degli amici, senza divise naziste, senza armi, senza sfilate, senza repressione.
Cinquanta anni dopo il film di Scola siamo immersi in una Italia dove chi governa in nome del popolo vuole cancellare la gran parte del popolo e della sua storia. Troppo smaccato, ma anzi troppo dichiarato, è l’attacco permanente, ogni giorno, alla Costituzione antifascista sulla quale appare evidente hanno spergiurato. Se la polizia di stato ricorda al sottosegretario di stato che esiste in Italia il diritto i protestare, fare cortei, manifestare il proprio dissenso perché lui li rimprovera, allora io credo che non si debba aspettare più nulla, più nessuna altra manifestazione, più nessun altro segnale. E’ solo tempo di resistenza. Anche a noi il ricordo di questi giorni sempre uniti ci terrà. E ci verrà voglia di chiamarci anche noi Pinin e Sandokan…Perché la Costituzione antifascista la vogliono cambiare sul serio e molto sul serio, dunque qualcuno dovrò difenderla.