Nel gorgo! Caffè del 13

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Avanti, indietro, a destra, a sinistra, dove? Come il generale Carter a Little Big Horn sembra che il rottamatore non sappia dove andare. La ragione è semplice e non dipende solo dai suoi limiti. La fine della recessione non porta soldi e speranze al ceto medio né lavoro ai giovani. Almeno non quanto basta. L’Europa tedesca (forse) gli vuol bene, ma certo non vuole smentirsi e impone paletti rigidi all’Italia. La sua politica ha risvegliato appetiti che ora pretendono di sfamarsi, a ogni  costo. Così il povero premier interpretra l’unico copione che conosce: abbassa la visiera -sono grullo, una volta mi disse-, sceglie il campo di battaglia – questa volta la scuola – e minaccia, insulta, spiana o cerca di farlo, motiva le truppe, si mostra certo di una vittoria che si allontana. I titoli “Basta con la sinistra masochista. Scontro governo sindacati”, Repubblica. “Pronti a bloccare gli scrutini”, Stampa.“La battaglia sulla nuova scuola”,Corriere

Crozza è stato il primo, il primo a cogliere povertà e  pochezza del linguaggio di Renzi.”Basta con la sinistra masochista”, ha detto a Repubblica. Qui si ripropone la coppia vincente-perdente, ma anche quelle giovane-vecchio, e futuro- passato. Dietro la rivolta della scuola, scrive la solita Meli, c’è la Camusso e dietro la Camusso D’Alema. Il passato, il vecchio, i perdenti. E gli studenti che boicottano. Invalsi, gli haker che gli hanno bloccato il profilo, gli insegnanti, persino i presidi che protestano? Con noi famiglie e giovani laureati, risponde. La guerra di Renzi dissolve il merito dei problemi come fa la luce con le brume notturne, quando avanza l’aurora. La grinta cela la paura. Fiducia al Senato sulla scuola. Ma intanto riconvoca i sindacati a Palazzo Chigi. Se Fassina lascia il PD “è un suo problema” ma poi dice “non voterei neanche se costretto”  gli impresentabili delle liste in Campania. Bravo! Ma quelle liste sono il risultato del partito ramazza tutto, post ideologico e vincente. Partito della Nazione, come lo chiama qualcuno.

Basta, al lavoro e alla lotta, diceva Alicata. Il Renzi-grullo capisce solo il linguaggio dei numeri e dei rapporti di forza. Primo, riforma della scuola. Emendiamo: riduciamo a un simulacro il potere dei presidi, ribaltiamo la logica secondo cui “premi e aumenti di stipendio” siano un gentile cadeau del governo e i contratti collettivi vadano cancellati, difendiamo i diritti dei precari abilitati, di chi aspetta un trasferimento, del personale non docente.  E se Renzi al Senato porrà la fiducia – perché in Senato non ha più maggioranza- pazienza, non voteremo la fiducia. Può darsi che gliela voti Berlusconi. Tanto peggio per lui. Per Renzi dico, perché a Berlusconi non potrebbe andar peggio. Scrive Fassina: “Senza radicali modifiche al disegno di legge sulla scuola, senza cioè cancellare il potere dei presidi di chiamare i docenti, senza una soluzione dignitosa per gli insegnati precari e, ripeto, dopo la svolta liberista sul lavoro, dopo le revisioni regressive della Costituzione e sulla legge elettorale, il mio percorso parlamentare nel Pd diventa insostenibile”. Credo che valga anche per Tocci e per D’Attorre, per Corsini e per Cuperlo, e per parecchi altri.

Nel gorgo! Quanto a me considero l’avvento di Renzi  conseguenza e non causa di una sconfitta della sinistra. Il giovane premier sa fare politica, forse non è neppure insincero, ma non ha una visione. E ciò lo rende debole con i forti (l’Europa),arrogante con chi pensa e propone. Venerdì a Siracusa, assemblea sulla scuola. Domenica a Torino, per discutere del “caffè amaro”, con Revelli, Ferrero e Airaudo.

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