A Roma, una bella piazza per il lavoro e per i diritti

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Landini: “Un governo padronale e al soldo della BCE. Il Paese si salva solo restituendo dignità e diritti alla gente onesta che lavora”

Il corteo defluisce lento verso piazza del Popolo, giunge a scaglioni fino a riempirla ed è una marea rossa arrabbiata e combattiva.
Piazza del Popolo, violata un mese fa dalle separate razziste di Salvini e dai saluti romani di CasaPound e oggi riconquistata dalla sinistra grazie a una bella manifestazione indetta dalla FIOM e intitolata “UNIONS! Diritti, lavoro, democrazia, giustizia sociale, legalità, reddito, Europa”: temi forti e necessari per ricostruire un’aggregazione di sinistra nel vuoto della politica e nella perdita di rappresentanza di milioni di lavoratori a causa della netta svolta a destra compiuta dal PD.
Ci sono gli operai delle Marche che ci dicono sconsolati: “Non sappiamo quanto ci resta da vivere ma il futuro ormai è alle spalle, anche per le giovani generazioni: qui non ci sono diritti, non c’è dignità, non ci sono prospettive”.
E in piazza, sotto il palco, incontriamo un uomo di cinquantotto anni: lavorava in una tipografia, ha perso il posto all’inizio dell’anno e ora è costretto a vivere con un’indennità di disoccupazione. Quarant’anni di lavoro senza poter andare in pensione per via della riforma Fornero; quarant’anni e adesso un oceano di disperazione e frustrazione, tanto che asserisce chiaramente: “Ce l’ho anche con la minoranza del PD: chiacchierano, chiacchierano ma poi restano lì perché anche loro, alla fine, preferiscono tenersi la poltrona”. Gli dà manforte una signora di ottantacinque anni, militante dal ’69, i cui figli hanno smesso di credere in una prospettiva di sviluppo e nella plausibili di migliorare le proprie condizioni di lavoro già da una decina d’anni. “Sono in piazza – ci dice – perché potrebbe essere la mia ultima volta, chi lo sa, comunque voglio battermi”.
I sentimenti non sono dissimili da quelli di un ragazzo che sale sul palco e racconta alla piazza l’esperienza dello sciopero sociale dello scorso 14 novembre, a testimonianza che fra le giovani generazioni il fervore c’è ed è vivo, come ci conferma anche il portavoce dell’UDU, Gianluca Scuccimarra, bocciando senza appello la proposta del ministro Poletti di ridurre le vacanze estive degli studenti per introdurre un mese obbligatorio di stage in azienda.
“Formulata così – spiega Scuccimarra – è una proposta che non ha senso” e ci pone a conoscenza della contrarietà della sua organizzazione, desiderosa di continuare a lottare nel tentativo di sventare il combinato disposto di Buona scuola e Jobs Act.
Sempre Scuccimarra afferma che l’esecutivo dà l’idea di essere confuso, di non perseguire un progetto organico, di gettare nella mischia proposte a caso. Dello stesso avviso il professor Rodotà, leggermente infortunato ma ugualmente acclamato dalla platea che scandisce, ritmandolo, il suo nome e dimostra di sentirsi rappresentata da un uomo che, a dispetto dell’età, impressiona per lucidità e spirito combattivo.
Dignità del lavoro, diritti, prosecuzione della battaglia contro l’Italicum e lo stravolgimento della Costituzione, rilancio di una legge di iniziativa popolare per modificare l’articolo 81 della Costituzione e ripristinare la versione originaria, senza pareggio di bilancio in Costituzione, infine un ponte gettato verso la coalizione sociale, da tempo auspicata dal professore e oggi presente alla manifestazione della FIOM grazie alla presenza congiunta di una parte della sinistra del PD, di SEL ma, soprattutto, di Libera, Libertà e Giustizia, Articolo 21, delle rappresentanze dei sindacati studenteschi e, ovviamente, della CGIL, particolarmente interessata alla proposta di Rodotà di costruire una mobilitazione collettiva per indire e vincere il referendum contro il Jobs Act che dovrebbe essere promosso a breve.
La conclusione del discorso di Rodotà coincide con la fine del corteo: una piazza gremita attende, con un breve intermezzo musicale e alcuni interventi di dirigenti locali della FIOM, le riflessioni conclusive di Maurizio Landini.
Ed eccolo Landini, con indosso la classica felpa rossa della sua organizzazione, accolto da applausi scroscianti. Un discorso intenso, incentrato su tre concetti chiave: il governo Renzi altro non è che un esecutore dei diktat della BCE per quanto riguarda lavoro, pensioni, diritti dei lavoratori, pareggio di bilancio in Costituzione, azione politica, riforme e legislazione sociale; ha come unico interlocutore la Confindustria e non rispetta minimamente i lavoratori, le persone oneste che per vivere hanno bisogno di lavorare e non meritano di essere piegate per fame, indebolendo drammaticamente la forza contrattuale dei sindacati. Dopodiché cita numeri agghiaccianti: i 547.000 licenziamenti discriminatori verificatisi fra il ’45 e il ’69, prima dell’introduzione dello Statuto dei lavoratori, auspicato da Di Vittorio già nel ’52, sotto forma di Statuto dei diritti dei cittadini lavoratori, legando il lavoro al tema della cittadinanza, la dignità ai salari, il rispetto reciproco alla coesione sociale e ribaltando la logica liberista della competizione sfrenata e lesiva di quel principio comunitario cui il leader della FIOM vorrebbe che tornassero anche i sindacati, a cominciare dalla CGIL.
Infine, un attacco durissimo nei confronti di una Confindustria che, oltre a giustificare e richiedere espressamente la privazione dei diritti dei lavoratori, non punisce a dovere – secondo Landini – quegli imprenditori coinvolti in casi di corruzione o malversazioni variare.
”Se incontri un uomo, non gli chiedere chi è ma dove va e, se va nella tua stessa direzione, chiedigli di poter camminare insieme”: è Giovanni XXIII, oltre a Neruda, il punto di riferimento al quale si affida il segretario della FIOM per rilanciare la sua idea di coalizione sociale, in contrapposizione con quella composta da governo, BCE, Confindustria e finanza che ha in Renzi il suo alfiere.
Si chiude, come sempre, sulle note di “Bella ciao”, seguite da alcune canzoni della band Muro del canto, e una cosa stasera possiamo dirla con certezza: Landini è un leader e ha un popolo pronto a seguirlo. Bisogna solo capire se nella conquista della CGIL o nella costruzione di un nuovo, vero partito di sinistra.


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