Muoiono perché non interessano a nessuno

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Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici, considerate se questo è un uomo: ammassato sulle sponde del mare, stipato su traballanti imbarcazioni, che non trova pace né pane, che muore per un’onda o per il freddo. Considerate se questa è una donna: stuprata prima di partire e venduta all’arrivo, costretta a partorire tra i flutti, a guardare gli occhi del proprio figlio imploranti, a sperare di morire prima di vederlo spegnersi. Meditate che questo è.

Il Canale di Sicilia è il nostro campo di sterminio. E come accadeva per quelli generati dalla follia degli uomini, anche questo determinato dalla loro indifferenza viene ignorato nel vivere quotidiano. Ogni tanto la tv se ne interessa, quando i morti raggiungono numeri significativi da riempirci un tg, ma poi tutto scivola di lato, per non disturbare la nostra tranquillità. Il fatto è che non interessano a nessuno quando sono vivi, ecco perché muoiono. Oggi gli annegati a largo di Lampedusa sono più di 200, forse oltre 300, e quindi siti e giornali ci aprono le edizioni. Domani le onde si placheranno, e il mare tornerà calmo, e con esso il solito oblio. Non è responsabilità di nessuno, tranquilli; soprattutto non di noi che siamo sicuri nelle nostre tiepide case.

Son morti per colpa del caso, che ha fatto sì che noi nascessimo da un lato e loro da un altro del medesimo mare. Fortuna o malasorte, a seconda dei casi. A loro una terra devastata dalla continua predazione delle risorse, a noi il frutto di quei prelievi e la garanzia, ricercata e offerta, della sicurezza. Sorte, destino, fato; che altro se no?


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