Azzardo, le mafie su macchinette e sale giochi

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Per rilanciare la propria presenza sul territorio, Cosa nostra punta anche sull’azzardo, «legale e illegale». La camorra reinveste i propri profitti criminosi soprattutto nelle agenzie di scommesse e nella gestione del gioco online. Un «settore strategico» che porta ad alleanze ma anche a «sanguinose rotture» tra le cosche. I gruppi criminali pugliesi, in particolare quelli leccesi, continuano a puntare su slot e vlt, legali ma poi truccate.

La ’ndrangheta nella sua espansione fuori Calabria «si è infiltrata nel settore dei videogiochi» e controlla i suoi affari anche con «atti di danneggiamento a fini intimidatori» degli esercizi commerciali che non accettano questa imposizione. È un vero viaggio tra i clan di “azzardopoli” quello che si può fare sfogliando la Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, presentata due giorni fa dal procuratore Franco Roberti. Non c’è più il capitolo dedicato all’azzardo, ma slot, scommesse, videopoker compaiono a ripetizione in decine di pagine, a conferma della presenza capillare delle mafie in questo settore. Un affare così importante da decidere di uccidere. È accaduto a Barrafranca (Enna) dove il 9 febbraio 2014 è stato ucciso Antonino Morabito all’interno del suo bar. Nel marzo del 2012 era già stato vittima di un tentativo di omicido, proprio per l’affare delle slot machine.

Cosa nostra si rilancia con l’azzardo
La Procura sottolinea il «rinnovato interesse» di cosa nostra «per la gestione dei “giochi” sia di natura legale che illegale», per «garantire la continuità della vita dell’organizzazione». Accade a Palermo ma anche a Caltanissetta dove «personaggi ritenuti a capo del sodalizio, titolari di alcune società operanti nel campo della distribuzione di slot machine artatamente contraffatte per eludere le normative vigenti in materia, erano riusciti ad intessere una fitta rete di contatti con taluni appartenenti alle forze dell’ordine, in grado di intervenire a loro favore in caso di controlli o verifiche fiscali a carico delle società da loro gestite».
Attività preminente dei casalesi
L’«attività sempre più preminente» del clan camorrista dei “casalesi” è il «controllo delle slot machine e dei videopoker in tutti i locali e che rappresentano la base finanziaria attraverso cui, per un verso, vengono pagati gli stipendi ai numerosissimi affiliati detenuti, per altro verso, vengono effettuate attività di reimpiego di capitali». Settore importantissimo, come quelli delle agenzie di scommesse e del gioco online «da tempo eletto dalle organizzazioni camorristiche» come «uno degli ambiti entro i quali è più conveniente reinvestire profitti criminosi». E questo grazie a imprenditori che, entrando «in relazione col sodalizio camorristico», contribuiscono «significativamente al rafforzamento economico dell’organizzazione e dello stesso suo incremento sotto il profilo della capacità di inserirsi in un circuito potenzialmente assai vantaggioso». Con «un’estensione impressionante del giro di affari».
Così la ’ndrangheta si infiltra
La “locale” ’ndranghetista guidata da Mario Trovato, denuncia la Procura, «si è infiltrata stabilmente nella vita economica ed imprenditoriale della provincia» di Lecco, grazie al «settore dei video giochi e della distribuzione delle macchine e dei terminali per il gioco all’interno dei locali pubblici e presidia e controlla l’attività di altri esercizi commerciali non esitando a ricorrere ad atti di danneggiamento a fini intimidatori». Dimostrando «di essere in grado di controllare i gruppi criminali locali, programmando e realizzando in alcuni casi attività di ritorsione, di svolgere attività di protezione nei confronti di esercizi commerciali e di persone che richiedevamo il supporto della stessa specie per l’installazione di macchine di gioco, di dare il proprio assenso rispetto ad attività violente poste in essere da distinti gruppi criminali, di porre in essere attività di pacificazione e di risoluzione di conflitti». Ancor più potente il clan Molè di Gioia Tauro è arrivato a «gestire ampi settori della distribuzione delle macchine da gioco del tipo “slot machines” sul territorio nazionale (Liguria, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia) attraverso società con prevalente operatività su Gioia Tauro e Roma». In particolare, «in alcuni quartieri della Capitale e del litorale romano è stata accertata l’esistenza di una vera e propria spartizione territoriale tra le organizzazioni criminali per la distribuzione delle macchinette slot on-line, che, in alcuni casi, ha determinato contrasti che la cosca ha risolto a suo vantaggio forte dell’elevata caratura criminale».
Slot truccate dei clan pugliesi
In provincia di Lecce, scrive la Dna, «la criminalità organizzata ha trovato il modo di trarre utili notevoli sia dall’alterazione delle schede elettroniche, con la modifica delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento (con danno dei giocatori) e con la interruzione del collegamento telematico con l’Agenzia dei Monopoli (con danno dell’Erario), sia dalla distribuzione ed installazione nei bar e nei locali pubblici dei “propri” apparecchi, da un canto tendendo a determinare situazioni di vero e proprio monopolio nei vari territori controllati e dall’altro imponendo ai titolari di pubblici esercizi con modalità estorsive il “proprio” prodotto, talvolta costringendoli a sostituire con i “propri” apparecchi quelli già installati da altri clan, così determinando ovvii conflitti all’interno dell’associazione.
Toni Mira, giornalista de “L’Avvenire”

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