Aspettando lo sciopero generale Parlano i protagonisti delle lotte

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I giornali, in qualche modo, ne hanno parlato. Poco e ben lontano dalle prime pagine, s’intende, ma nemmeno la grande stampa ha potuto ignorare l’ingente manifestazione dei dipendenti pubblici delle tre sigle confederali che si è svolta ieri pomeriggio a piazza del Popolo. Se si fosse mobilitata la sola CGIL, forse, avrebbero avuto buon gioco nel definirli i soliti conservatori, frenatori del cambiamento, vecchi parrucconi non in sintonia con le nuove esigenze del mondo del lavoro e giù con i soliti attacchi gratuiti all’organizzazione che più di tutte, in questi anni, si è battuta contro l’avanzata del liberismo selvaggio nel nostro Paese. Ma stavolta c’erano anche i due sindacati “riformisti”, la CISL e la UIL, per anni utilizzati dalla destra (e da Sacconi in particolare) come clave da brandire davanti alla CGIL, nel tentativo di infrangere per sempre l’unità sindacale. La piazza di ieri – colorata, combattiva, tenace, desiderosa di lottare e di andare fino in fondo, ossia di arrivare allo sciopero generale – è stata la dimostrazione lampante di come questo progetto, fondato sul “divide et impera”, sia fallito perché quando sono in gioco diritti, tutele, garanzie e posti di lavoro nemmeno i sindacati “riformisti” possono restare a guardare.

Jobs News   fa il punto con quattro protagonisti della battaglia in corso: Domenico Pantaleo, segretario della FLC CGIL, Gianluca Scuccimarra, segretario dell’UDU, Rossana Dettori, segretaria della FP CGIL, e Gianna Fracassi, membro della segreteria nazionale della CGIL. Dopo la manifestazione unitaria dei pensionati e quella degli statali, i prossimi appuntamenti saranno lo sciopero generale dei metalmeccanici proclamato dalla Fiom in due tappe, il 14 con manifestazione a Milano, il 19 manifestazione a Napoli,  lo sciopero unitario dei dipendenti pubblici e lo sciopero generale messo in cantiere per dicembre per ora dalla sola CGIL ma chissà che, dopo la bella piazza di ieri, non decidano di unirsi anche le altre due sigle sindacali!

Pantaleo: “Mi auguro uno sciopero generale unitario”

 Il pubblico impiego delle tre sigle confederali è sceso in piazza contro il governo. Perché anche il mondo della scuola?

Ieri era in piazza tutto il mondo della conoscenza: scuola, università, ricerca, AFAM (Alta Formazione Artistica e Musica, n.d.r.), insieme a tutte le categorie del pubblico impiego. È la prima volta nella storia della Repubblica che si mobilitano dodici organizzazioni sindacali rappresentanti, sostanzialmente, di tutti i settori in campo. Il primo obiettivo è il rinnovo dei contratti: se non c’è contratto non c’è dignità, non c’è rivalutazione dei salari, non c’è valorizzazione professionale: il rinnovo del contratto è un diritto costituzionale. In secondo luogo, un no secco alle scelte contenute nella Legge di Stabilità: esse non solo non agevolano la crescita e l’occupazione ma daranno un colpo mortale ai precari. Prenda, ad esempio, i settori della conoscenza: se dovessero andare avanti quelle norme, noi prevediamo licenziamenti nell’università, nella ricerca, all’AFAM ma anche in una parte della scuola, penso al personale ATA (Assistenti Tecnici Amministrativi, n.d.r.). Noi vogliamo difendere il lavoro all’interno dei nostri comparti e rimettere al centro il tema del precariato. Renzi dice che è per i giovani; ebbene, tanti giovani dei nostri comparti rischiano il licenziamento. Noi crediamo che il governo debba intervenire. L’altra grande questione è ridare valore ai servizi pubblici: c’è un’idea in questo Paese, tipica della destra, e da questo punto di vista Renzi è in continuità con le politiche di Monti e di Berlusconi, in base alla quale bisogna ridurre gli spazi dell’intervento pubblico e aumentare quelli dei privati. Noi la pensiamo esattamente all’opposto: il pubblico è bello, il pubblico è garanzia di benessere per le persone, il pubblico significa dare una mano a chi è in difficoltà, a cominciare dall’enorme area della povertà, il pubblico significa dare ad anziani e giovani l’opportunità di avere cittadinanza in questa società. Per questo, noi diciamo: più pubblico e meno privato.

Due manifestazioni unitarie (pensionati e pubblico impiego) in una settimana. Si è ritrovata l’unità sindacale? Quali scenari si aprono?

La manifestazione dei dipendenti pubblici segna un passo in avanti anche sul terreno del rapporto fra le organizzazioni sindacali. Poi, naturalmente, ci sono delle diversità: penso al giudizio differente sul Jobs Act, la CGIL ha fatto una grande manifestazione lo scorso 25 ottobre. Tuttavia, la giornata di sabato dà una spinta anche all’unità,  fondamentale per fronteggiare un attacco senza precedenti alle conquiste civili e sociali in questo Paese. Renzi deve capire che quest’idea che i sindacati non contino più niente non ha alcun fondamento. Come stiamo vedendo in queste settimane, migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori si riconoscono nelle grandi organizzazioni sindacali e senza di esse non c’è democrazia.

Arriverete, come CGIL, allo sciopero generale?

Secondo me sì: quella di ieri è stata un’ulteriore tappa di avvicinamento allo sciopero generale che io mi auguro, a questo punto, che sia unitario perché, di fronte alla situazione del Paese e alle scelte devastanti di questo governo, c’è bisogno di una battaglia dura e concreta.

Scuccimarra: “Sciopero generale per costringere il governo a cambiare rotta”

Perché anche i giovani e gli universitari ieri sono scesi in questa piazza?

Perché il pubblico per l’istruzione rappresenta una garanzia fondamentale per i giovani: esso è la garanzia che l’istruzione sia aperta a tutti. Siamo assolutamente a fianco di tutti i lavoratori del pubblico, sia quelli dell’istruzione sia quelli dei servizi, perché è anche grazie a loro se riusciamo ad essere riconosciuti, in quanto studenti, come categoria sociale.

Che valutazione dà dell’annunciata riforma Renzi-Giannini?

La parola chiave per definirla è: limitata. Limitata perché non guarda minimamente né al futuro del Paese né al futuro dei giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro. Si tratta di una riforma parziale che non dà risposte di prospettiva ma cerca solamente di guardare alla pancia degli italiani.

Quali saranno le prossime mobilitazioni dell’UDU?

Noi saremo tutti in piazza e daremo vita a tante iniziative negli atenei e nelle scuole italiane il prossimo 17 novembre, Giornata internazionale per il diritto allo studio, e poi rilanceremo anche noi uno sciopero generale perché riteniamo che a questo governo vada data una risposta forte, altrimenti non ci sarà mai un’inversione di rotta.

Dettori: “Non accettiamo più di essere trattati come fannulloni”

Perché siete scesi in piazza ?

Perché Renzi e la Madia devono prestare ascolto alle richieste dei lavoratori che sono venuti in piazza per rivendicare pacificamente il contratto nazionale di lavoro, scaduto dal 2009, con una perdita secca di cinquemila euro sul proprio salario. E sono venuti in piazza anche per dire che i dipendenti pubblici vogliono sì una riforma della Pubblica Amministrazione ma una riforma che risponda ai bisogni dei cittadini, non alla politica. Questo governo deve stabilizzare i precari e assumere i giovani all’interno della Pubblica Amministrazione: è possibile farlo, basta che ci sia la volontà politica. Se il governo è così celere nel dare risposte all’Europa e nel trovare i due miliardi che l’Europa gli chiede per non far partire le sanzioni, deve avere la capacità di trovare i due miliardi che servono per rinnovare il contratto nazionale di lavoro. I lavoratori pubblici e dei servizi pubblici non ci stanno più ad essere trattati come fannulloni e peste della società. Noi siamo quei lavoratori che garantiscono quotidianamente la salute, la scuola e la sicurezza ai cittadini, con i nostri vigili del fuoco, con le nostre maestre e con i nostri infermieri. E con i nostri impiegati garantiamo, ad esempio, ai pensionati di percepire l’assegno tutti i mesi. O Renzi capisce che noi siamo la spina dorsale di questo Paese oppure non ha capito nulla e gli conviene ascoltare con attenzione.

Una piazza unitaria: è l’inizio di una lotta comune?

Per quanto riguarda il lavoro pubblico è l’inizio di un percorso comune che arriverà allo sciopero generale di categoria ma che andrà anche oltre finché non ci saranno risposte. Io mi auguro che questa piazza così unitaria e colorata serva come input a CGIL, CISL e UIL confederali per trovare un percorso comune affinché si dia vita a una mobilitazione collettiva.

Come si rappresentano oggi i famosi Marta e Giuseppe, protagonisti del videomessaggio del Premier?

Si rappresentano con gli interventi che i giovani precari hanno fatto  dal palco: quei ragazzi hanno diritto alla stabilizzazione perché non accettano di essere lavoratori di Serie B, solo che non vogliono far retrocedere gli altri, vogliono diventare anche loro lavoratori di Serie A. Sul lavoro non ci sono mediazioni né divisioni: le divisioni le sta creando soltanto il governo. I lavoratori occupati vogliono che i precari vengano stabilizzati e che si crei lavoro perché i servizi pubblici senza lavoro non funzionano.

Si arriverà allo sciopero generale della CGIL?

Penso proprio di sì.

Fracassi: I veri freni agli investimenti stranieri sono corruzione e criminalità organizzata

Sud e giovani protagonisti della mobilitazione di ieri. Qual è la situazione del Meridione? Qual è la situazione del mondo giovanile?

La situazione è drammatica. Dieci giorni fa sono usciti i dati SVIMEZ e hanno fotografato un contesto gravissimo. C’è necessità di intervenire, non soltanto sul versante pubblico, perché serve un piano nazionale per l’occupazione che ragioni e affronti le emergenze del Sud. Il governo, che non ha in agenda i temi del Mezzogiorno, dovrebbe seriamente riflettere su quei dati e sulle indicazioni che sono venute ieri dalla manifestazione e dare delle risposte.

Si parla, per l’appunto, di uno spopolamento del Sud. Come si crea lavoro nell’area più in sofferenza del Paese?

Prima di tutto, attraverso gli investimenti pubblici. I dati SVIMEZ ci dicono che c’è un abbandono dello stato: un -53 per cento di investimenti, pubblici e privati, sul versante industriale significa che anche lo Stato ha mollato. È necessario ripartire da qui: da una qualificazione delle istituzioni della conoscenza, scuola e università, per dare una prospettiva ai ragazzi e alle ragazze del Sud.

A tal riguardo, quali saranno le prossime iniziative della CGIL se non dovessero cambiare Jobs Act e Legge di Stabilità?

Le nostre iniziative passano anche attraverso la manifestazione di sabato e ci traguardano sicuramente verso lo sciopero generale nel mese di dicembre: uno sciopero per chiedere un cambiamento delle politiche del governo sul versante dell’occupazione e degli investimenti. È necessario fare investimenti per creare posti di lavoro e non ridurre le tutele: la riduzione di tutele non serve a niente da questo punto di vista, lo sappiamo bene perché nel 2012 sono state apportate delle modifiche all’articolo 18 ma non hanno portato un posto di lavoro in più. Tra l’altro, venerdì il governatore di Bankitalia Visco ha rivelato quello che noi stiamo cercando di dire da tempo: i veri impedimenti agli investimenti stranieri nel nostro Paese non sono né la flessibilità del mercato del lavoro né le scuse che vengono accampate abitualmente; il problema è che in un Paese che ha un così elevato livello di corruzione e criminalità organizzata e non ha una politica adeguata a contrastare l’illegalità diffusa gli investitori, ovviamente, non vengono. Negli ultimi anni, abbiamo perso sedici miliardi di investimenti esteri. Il re è nudo: l’articolo 18 non c’entra nulla, il vero freno, il vero tappo è questa piaga, sono questi problemi atavici del nostro Paese.

Da jobsnews.it


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