Quando annunci e promesse non bastano più

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Se persino un editorialista di cultura liberale, tradizionalmente filo-governativo e non certo incline ad alcuna forma di radicalismo come il professor Galli della Loggia asserisce sul “Corriere della Sera” che “le battute non bastano”, per il nostro Premier, amante dei cinguettii, le cose si mettono davvero male. Scrive, infatti, Galli della Loggia: “Personalmente, non mi sembra alla lunga efficace neppure la comunicazione spezzettata e tendenzialmente alluvionale tipica del tweet, carissima a Renzi e consistente in una serie di brevi frasi apodittiche. Forse è l’ideale per le esigenze delle agenzie di stampa e per la pratica della digitazione isterico-maniacale sugli smartphone in cui è impegnato ventiquattr’ore su ventiquattro il politico professionista italiota, ma ho il sospetto che alla gente, invece, faccia l’effetto di una forma di “battutismo” che, ripetuta tre o quattro volte al giorno per trecentosessantacinque giorni all’anno, non depone certo a favore della serietà e dell’impegno di chi vi si dedica”. Si tratta, tuttavia, di carezze in confronto al giudizio senza appello che il professore riserva all’esecutivo e al “giglio magico” del Premier: “Il secondo palese punto debole di Renzi sta nella mancanza intorno a lui di una vera squadra di governo: ciò che probabilmente testimonia di un suo rapporto difficile e al limite inesistente con le élite del Paese.

Giunto a Roma con un piccolo gruppo di fedelissimi alla sua persona in forza di un vincolo più o meno antico d’amicizia, di essi soli egli sembra fidarsi veramente e con essi soli sembra collaborare davvero. Saranno di certo tutti abili e di provato valore, non discuto, ma una squadra di governo è un’altra cosa”. E qui il vecchio professore gira il coltello nella piaga sanguinante del renzismo, ossia la complessiva inadeguatezza dei suoi cantori ed interpreti, l’eccessiva inesperienza della sua classe dirigente, l’egotismo di un leader che sa occupare la scena con istrionica abilità ma, proprio per questo, finisce col soffocare le idee, le proposte e i contenuti di chiunque gli stia intorno, facendo venire meno la collegialità che dovrebbe essere alla base di qualunque segreteria di partito, di qualunque esecutivo, di qualunque gruppo di rappresentanti delle istituzioni, in cui va pure bene che esista una guida e un punto di riferimento, purché non pretenda di esibirsi continuamente in un’auto-narrazione di se stesso e della propria personale epopea.

Altrimenti il rischio, come avverte sempre Galli della Loggia, è proprio quello di un progressivo e pericoloso isolamento: un pericolo che aumenta in maniera vertiginosa se si considera l’insieme dei fattori prima elencati e lo smisurato ottimismo di maniera di un uomo che, evidentemente, fatica a rendersi conto di non essere alla guida di un Paese in pieno boom economico ma di una Nazione allo stremo, con una disoccupazione al 12,6 per cento, un’economia in recessione e lo spettro della deflazione che, dopo essere stato annunciato per mesi, si è purtroppo materializzato in tutta la sua drammaticità a causa del clima di sfiducia, sconforto, rassegnazione e disincanto che ormai caratterizza un popolo stanco di ricevere promesse che vengono poi, puntualmente, deluse e tradite; il tutto nel contesto di un’Europa che non sembra proprio volerne sapere di invertire la rotta ultra-liberista che la sta condannando al suicidio, con pesanti rischi per la tenuta stessa dell’euro.

Entrando nel merito dei provvedimenti approvati dal Consiglio dei Ministri, notiamo subito l’assenza delle misure a favore della scuola, a cominciare da quella riguardante l’assunzione di centomila docenti precari e dal pensionamento dei cosiddetti insegnanti “quota 96” che attendono dal 2012 di potersi godere il meritato riposo a causa di un marchiano errore dell’allora ministro Fornero. Il Premier, come sempre, invita alla calma e all’ottimismo ma la verità è che, se avesse trovato le coperture, l’assunzione dei precari della scuola sarebbe cosa fatta, a meno di non voler dar credito alla storiella della “troppa carne al fuoco”. Quanto allo Sblocca Italia e alla riforma della giustizia, qualcosa si è visto ma, nel primo caso, il governo è costretto, come per la scuola, a fare i conti col problema delle coperture mentre nel secondo mancano ancora numerosi aspetti controversi, soprattutto per quanto riguarda l’ambito penale, pertanto preferiamo sospendere il giudizio in attesa di riscontri più definiti.
Ciò che resta, al termine dell’ennesima settimana di annunci, promesse e proclami del governo e del suo funambolico condottiero, è l’amara sensazione che anche la ciclopica fiducia che gli italiani avevano riposto in quest’avventura dai tratti singolari ma, almeno apparentemente, carica di entusiasmo e di speranza, stia iniziando a erodersi, al pari della pazienza degli editorialisti, dei grandi gruppi industriali e di tutti coloro che, pur avendo investito molto sul coraggio di questo giovane e determinato esponente politico e pur essendo per natura collaborativi con l’esecutivo in carica, avendone tutto l’interesse, non si accontentano più del suo stile bizzarro e fuori dagli schemi e hanno iniziato da tempo a chiedere riforme e proposte concrete.
Peccato che, finora, l’uomo che aveva promesso agli italiani di risolvere tutti i loro problemi, realizzando addirittura una riforma al mese, non abbia intaccato minimamente il sistema di potere incancrenito e dannoso cui a parole ha dichiarato mille volte guerra, ben sapendo che è la causa principale dei nostri ritardi, delle nostre inefficienze e della nostra mancanza di competitività nei confronti del resto d’Europa. I maligni ipotizzano che la causa di quest’arrendevolezza di fronte a chi detiene le leve del vero potere sia dovuta al fatto che, in gran parte, si tratta dei suoi sponsor e sostenitori della prima ora, ben contenti di poter avere finalmente a che fare con una sinistra che, una volta al governo, non differisce in nulla e per nulla dalla peggior destra liberista. E anche sul fronte delle riforme, Italicum e pastrocchio sul Senato a parte, l’eroe di Rignano ha concluso assai poco, visto e considerato che gli 80 euro, il suo mitico cavallo di battaglia per stravincere le Europee, pare che non abbiano rilanciato minimamente i consumi, dati al contrario in picchiata.
Al che, ci permettiamo di fornirgli un piccolo e disinteressato consiglio: si rilegga Lincoln. Diceva, infatti, il celebre Presidente americano: “Si può prendere in giro un uomo per sempre e tutto il mondo una volta ma non tutto il mondo per sempre”.


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