Populismo economico

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Quando  manca l’innovazione tecnologica, si compensa con la speculazione edilizia.
Questo classico indicatore di inerzia nella politica industriale  purtroppo è il dato dominante delle ultime decisioni del governo Renzi.

Si consuma territorio – anche demaniale – perché sono pochi i brevetti per la produzione competitiva ad alto valore aggiunto.
Si consuma sicurezza – abbassando i controlli pubblici preventivi per gli interventi edilizi – perché la prevenzione è ancora vista come un freno burocratico, anche per colpa della scarsa organizzazione degli uffici che dovevano garantirla in tempi brevi. Il tutto ignorando la tendenza al ribasso del valore immobiliare, che disegna una curva calante verosimilmente duratura.
Inoltre, questa scelta, è in totale contraddizione con il nuovo impegno appena declamato dal ministro Franceschini (Beni Culturali e Turismo) di voler puntare sulla bellezza del Paese, per promuovere i siti culturali e museali. Così, dopo anni di demagogia nel chiamare questo patrimonio il vero “petrolio” nazionale, si torna a quello delle trivellazioni che compromettono aree di pregio, anche marine.
Insomma, siamo al solito populismo economico, quello fatto di misure di corto respiro del “poco, maledetto e subito”, per alimentare un consenso che non sopporterebbe i tempi medi di una programmazione omogenea, né la cultura del ragionevole limite in cambio della sostenibilità.
Almeno risparmiateci la balla  che tutto questo è a costo zero, in quanto senza nuove tasse. Perché questo prelievo di bellezza ci rende tutti più poveri, anche se molti – purtroppo – non sanno più né riconoscerla, né apprezzarla, né difenderla.

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