La questione politica dietro la femminilizzazione delle parole

0 0

di Cristina Comencini

Noi dobbiamo guardare senza paura dietro la difficoltà delle donne di femminilizzare le parole che definiscono i loro mestieri, le loro qualifiche pubbliche. Non diamo per assodato che sia facile farlo. Quando ho cominciato a scrivere libri e a girare film, le domande più ricorrenti erano: “Cosa c’è di femminile nelle tue storie? Ti senti un’artista donna?” Ero giovane e prendevo queste domande come degli insulti, rispondevo:”L’arte non ha sesso.” Mi ci sono voluti anni per capire e sentire che non c’era diminuzione nel sentirmi una donna che scrive e fa film, che la mia forza e la mia creatività erano invece cresciute nel corpo e nella mente di una donna. Ma allora facevo bene a diffidare delle domande che tendevano a relegare il mio lavoro nella riserva delle femmine. Noi dobbiamo porci questa domanda: l’accesso sempre più numerose delle donne nella società, al potere, nelle professioni, arricchirà il mondo di un altro punto di vista, di un’altra storia? O invece ci adegueremo alla società che troviamo e da cui per millenni siamo state fuori. Se ci sentiamo pari ma diverse e vogliamo rendere diverso il mondo, allora la “a” finale che ci definisce sarà la nostra grandezza. Se non vogliamo distinguerci la sentiremo ancora e per molto tempo come la nostra vergogna e il nostro limite. Dietro questa scelta c’è la questione politica più importante che le donne si trovano ora davanti.

Da snoqlibere.it


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21