Papa Francesco cancella i patriarchi

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“Dio ci salvi dalla paura del cambiamento”. Papa Francesco archivia così tutta la politica anti-primavera dei patriarchi orientali. E tende la mano a Abu Mazen.
Chi sono i patriarchi delle chiese orientali? La domanda è d’obbligo dopo due giorni di viaggio di papa Francesco in Terra Santa. Da quando è sbarcato ad Amman fino a domenica sera infatti il papa non ha fatto altro che ripetere, insistere su un punto: il futuro si costruisce scegliendo la cittadinanza paritaria tra tutti gli appartenenti ai vari Paesi mediorientali.

Questo concetto cardine il papa lo ha accompagnato con due affermazioni fortissime: “bisogna avere il coraggio di sentire i giovani” e ” Dio ci salvi dalla paura del cambiamento”. Dunque cittadinanza, giovani e cambiamento, tre parole che certi patriarchi non pronunciano neanche per errore.

Non avere paura del cambiamento in una regione dove al Sisi e Asad si impongo (con lo stile del vecchio) nel nome della restaurazione, è forse lo slogan più chiaro, forte, l’incitamento più esplicito a non abbandonare e non voltare le spalle agli ideali che hanno mosso la Primavera araba. Alla faccia di chi parla di inverno arabo. Cittadinanza poi vuol dire un no forte e inappellabile a quell’alleanza delle minoranze contro i sunniti, sotto un despota forte, che i patriarchi ormai invocano quasi esplicitamente.

Loro, certi patriarchi, sono andati in massa all’incontro con papa Francesco, ma chi li ha visti? Chi si è accorto della loro presenza?

La forza dell’appello per la costruzione di Stati per tutti i cittadini, comporta poi un no secco al panarabismo fasullo dei gerarchi siriani. E la scelta di tendere una mano a Abu Mazen, l’amico dei sauditi, invitato insieme a Peres (non Netanyahu) in Vaticano, dice che la scelta del “boss” di Hamas a Gaza di andare proprio in questa storica domenica a Tehran invece che a Betlemme è la riprova della non celata ostilità iraniana per il nuovo progetto vaticano.

Per certi patriarchi (non tutti sia chiaro, il caldeo ad esempio è in piena sintonia con questo indirizzo) è stata proprio una giornataccia. Per il Vaticano è stato il giorno del ritorno della grande diplomazia “Casaroli-style”. Il segretario di stato in carica, il cardinale Parolin, ha dimostrato con i fatti di essere ancora il “pupillo” dell’indimenticabile artefice dell’ epoca d’oro mediorientale della Santa Sede, il cardinale Silvestrini.

Di grandissimo rilievo anche i toni usati da papa Francesco per convincere Abbas e Peres ad andare in Vaticano e non lasciar naufragare il processo di pace. Il papa li ha invitati a raggiungerlo in Vaticano per pregare per la pace. Dunque non sono le religioni il problema, ma i mille estremismi, contro i quali unirsi, “in preghiera”, senza bizantinismi.


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