“La regola è: non vedo, non sento e, soprattutto, non parlo”. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti risponde al documento delle 12 Associazioni Stampa

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di Enzo Iacopino*

Sul sito della Fnsi, 12 associazioni regionali di stampa, attaccano l'Ordine, reo di rispettare le regole della democrazia, in un Consiglio composto da 144 colleghi, e di non arrendersi ai voleri discriminatori di 17 membri che si riconoscono in “Liberiamo l'informazione”.

Le affermazioni che vengono fatte hanno con la verità lo stesso rapporto che la tutela dei colleghi ha con le loro scelte, come dimostrano le testimonianze di permanente sfruttamento che ormai vengono indirizzate all’Odg e non al sindacato che sembra occuparsi di altro, come sarà facile argomentare nell’ambito della discussione per il rinnovo del contratto.
La logica delle 12 sorelle è che se ti occupi di “precari e collaboratori” lo fai “in modo strumentale”.
Il modo giusto è guardare dall’altra parte.
Non una di queste associazioni ha fornito all’Odg, impegnato in una campagna contro la schiavitù, un solo documento opponibile agli interessati (ad esempio la copia di un contratto) attestante le condizioni di estrema precarietà di migliaia di giornalisti.
Non uno dei membri dei Cdr, che fanno capo a queste associazioni, nonostante le tutele legali delle quali godono, ha ritenuto di porsi pubblicamente in contrasto con le rispettive aziende, opponendosi alle continue violazioni dei diritti di migliaia di giornalisti.
La regola è: non vedo, non sento e, soprattutto, non parlo: i colleghi non contrattualizzati continuino pure a vivere in condizione di schiavitù.
L’intervento dell’Ordine su questo terreno ha turbato i rapporti tra Fnsi e Fieg che erano arrivati, in seno alla commissione equo compenso, ad una intesa che prevedeva la “libera trattativa tra le parti” per stabilire l’entità delle somme da corrispondere ai colleghi collaboratori a vario titolo.
Un’autentica vergogna sventata dall’Ordine, come è facile documentare con i testi e con le registrazioni dei lavori della commissione.
Le 12 sorelle affermano che all’Odg (sulla riforma dell’Ordine e non solo) c’è una inascoltata e “irriducibile opposizione”. A corso Vittorio e dintorni, dove tutto da sempre viene deciso mettendo la minoranza davanti al fatto compiuto, la considerano una prevaricazione tanto da mettere nel mucchio di “una maggioranza che contraddice se stessa” anche colleghi che facevano parte del gruppo che non ha sostenuto l’attuale presidenza.
Di scomunica in scomunica (prima Carlo Verna, Aberto Vitucci e Gianfranco Ricci), ora i colleghi Verna, Vitucci, Ricci e Roberto Mastroianni, la minoranza è diventata “irriducibile”, fatta com’è da candidati sconfitti e dai loro amici nostalgici, tutti “irriducibili” (tali perché sono ridotti ai minimi termini: 17, ora, contro i 60 del giugno 2013).
La commissione che si accinge a fare un nuovo tentativo – su richiesta del presidente dell’Odg – vede presenti Verna, Vitucci, Ricci e Mastroianni (oltre Enrico Paissan, Silvano Bertossi, Aurelio Biassoni, Luciano Gambucci, Cristina Marchesi, Attilio Raimondi) perché, pur facendo originariamente parte di quel gruppo, hanno scelto la strada del confronto costruttivo, anziché la demonizzazione, a volte volgare, di quanti non la pensano come loro. Era stato inserito Carlo Bonini, che ha confermato di avere dato il suo assenso quando era stato preventivamente consultato, e che, sicuramente, non avrà difficoltà a confermare che nulla aveva obiettato davanti alle argomentazioni che consigliavano l’esclusione del collega che viene accreditato dalla minoranza e dalle 12 sorelle come il depositario di ogni sapere. Sostanzialmente il rifiuto degli altri di sedersi attorno ad un tavolo con chi non perde occasione per insultarli. La commissione verrà integrata con un altro collega, che lo ha richiesto, e che, puntualmente, verrà “espulso” dalla minoranza.
L’idea di democrazia delle 12 sorelle e dei loro ispiratori è curiosa: se prevalgo io tutto è regolare, altrimenti non lo è. Se tratti con me (tu “capo bastone”) sei un interlocutore valido, altrimenti sei, appunto, uno spregevole “capo bastone”. Se mi assecondi, nella mia richiesta di incarichi anche a favore di chi ha fallito ogni tentativo di farsi eleggere dal Consiglio, fai il tuo dovere, altrimenti sei un “sor clientela”.
Ci sarebbe da chiedersi da quanto tempo almeno alcuni dei rappresentanti delle 12 sorelle, e gli stessi esponenti principali della Fnsi, ricoprono incarichi sindacali e se a ciò arrivino per designazione divina o perché i colleghi li accreditano di un consenso che, ovviamente, non è legato al fatto che siano “capi bastone”.
Tutto ruota, appunto, attorno all’esclusione dalla commissione di un consigliere. Lo stesso non lo aveva neanche richiesto, mentre aveva chiesto e ottenuto altro per poi dimettersi dal microfono, tuonando indignazione, salvo successivamente sollecitare privatamente – ma non troppo – comprensione e reintegrazione nel ruolo.
La “irriducibile” minoranza, con senso di autentico rispetto dei consiglieri, proponeva una commissione composta da cinque membri (quattro non consiglieri) più 3 suoi in rappresentanza dei 17 che hanno votato contro la proposta. Erano, i cinque, quelli che l’escluso e non solo lui chiamavano e continuano a chiamare “capi bastone” che, ovviamente, recuperavano dignità di interlocutore, grazie alla contaminazione democratica dei rappresentanti di questo gruppo che contando su 17 consensi ritiene di dovere, democraticamente, prevalere in un Consiglio di 144.
L’esecutivo dell’Odg, con il solo dissenso del tesoriere che si è allontanato dalla riunione, ha deciso di non poter delegare ai “capi bastone” la riforma dell’Ordine come, invece, suggeriva “Liberiamo l’informazione”.
Un’altra menzogna riguarda il confronto con il garante della privacy al quale, come è noto e documentabile, era stato detto fin dal settembre dello scorso anno che non sarebbe stato possibile accettare alcune proposte, limitative del dovere di cronaca, in particolare di quella giudiziaria.
L’Odg non è una associazione privata, che può diffondere su un confronto in essere, ad esempio con il garante della privacy, comunicati contestativi, ancor prima di una decisione in Consiglio nazionale. Risponde a regole democratiche e al rispetto dei diritti e doveri degli organismi che, ovviamente, non capiscono quanti operano con un’idea proprietaria di enti e associazioni.
Della delegazione che ha partecipato al confronto – condividendo tutti i passaggi – ha fatto parte il tesoriere Nicola Marini, il solo eletto dalla minoranza in esecutivo. Marini ha condiviso ogni passaggio ed ha testimoniato la verità, diversa da quella che le ispirate 12 sorelle tentano di accreditare. Probabile Marini venga prossimamente scomunicato per aver osato rifiutarsi di mentire.
Non c’è materia, quindi, per stupirsi, abituati alle menzogne propagandistiche di chi cerca di distrarre l’attenzione dei colleghi dalla vergogna, il nuovo contratto, che si appresta a ratificare.
C’è da attendere poco, ormai. Vedremo se il prossimo 17 la Fnsi, 12 sorelle comprese, avrà il coraggio di formalizzare il consenso – già caldeggiato dalla giunta – alla proposta Fieg di pagare i collaboratori con un compenso che va da 15 euro (informazione locale) a 25 (quella nazionale) con un tetto di 9 articoli al mese. Cioè si avrà la possibilità di capire se le 12 sorelle e tutta la Fnsi ritengano sia possibile vivere con una somma che va da 1.680 a 2.700 euro l’anno. Cifre al lordo di tasse e spese comprese.
E si vedrà se vorrà ratificare la proposta di eliminare alcuni diritti dei contrattualizzati, a partire dall’indennità ex fissa.
A loro insaputa, ovviamente. Ma a colmare la lacuna provvederà l’Ordine, rendendo pubblica l’ipotesi contrattuale appena ne verrà in possesso, con il consenso dei tanti colleghi che fanno sindacato con un confronto vero soprattutto con gli “ultimi”.

* Presidente del Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti


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