Calabria, editoria e giornalismo

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Sabrina Garofalo per http://www.liberainformazione.org/

A Cosenza i 100 passi verso il 21 marzo hanno percorso il terreno della libertà di stampa e di informazione. A un anno dalla tragica morte di Alessandro Bozzo, Libera ha voluto creare uno spazio e un tempo di confronto e crescita. Una memoria che si trasforma in percorso concreto lungo una strada impervia, fatta di sofferenza e disagio, rabbia e passione. La morte di Alessandro Bozzo, giornalista cosentino appassionato e attento, è stata il faro che ha messo in luce, in una terra in cui troppo spesso si preferisce rimanere all’oscuro, le condizioni di lavoro nel mondo giornalistico e della libertà di stampa.  La giornata “i 100 passi verso il 21 marzo, Sacro Fuoco – Una riflessione sulla libertà di stampa. In memoria di Alessandro Bozzo”, ha rappresentato l’avvio di una riflessione senza precedenti, sul mondo dell’editoria e dell’informazione, sui poteri, occulti e meno occulti, che s’infiltrano nelle redazioni dei giornali, tra le righe di chi scrive, nella ricerca della verità, nella vita e nei sogni di tanti giovani giornalisti e giornaliste.

Alla base di questa scelta, noi come Libera Cosenza abbiamo posto la memoria di Alessandro e del suo modo d’intendere il giornalismo, fatto di ricerca di verità, di denuncia e d’informazione puntuale. La rotta è quella tracciata dalla Costituzione italiana, nel suo ventunesimo  articolo: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Parlare di ciò in Calabria non è mai stato facile, e non lo è soprattutto in questi giorni. A fondamento dell’idea, ancora, la riflessione sul lavoro del giornalista e, in generale, sulla dimensione lavorativa: tutto soggiace al profitto che, in nome della flessibilità e precarietà, calpesta senza rispetto alcuno le passioni, le intelligenze e le speranze in nome della convenienza economica e di potere. C’è poi da considerare il forte legame tra il ruolo del giornalismo locale e la lotta alla ‘ndrangheta. Non ci sono parole migliori per spiegarlo, se non quelle usate da RobertoMorrione negli atti di Contromafie del 2006, nel frammento in cui spiega che il vuoto dell’informazione comporta diverse responsabilità: prima fra tutte quella di lasciare solo chi si occupa di lotta alla criminalità organizzata, e poi “lascia il via libera ad interessi economici e politici che determinano le scelte editoriali attraverso una ragnatela di reciproci favori e di convenienze coincidenti di fatto con gli interessi mafiosi e di altri poteri occulti, quali la massoneria deviata. Viene così sottratto all’opinione pubblica il diritto alla memoria e alla conoscenza, impedendo dunque la possibilità di esercitare il diritto di controllo e di critica, fondamento della democrazia”.

Questo il senso di questi 100 passi condivisi con la famiglia Bozzo, con il presidente dell’Ordine Nazionali dei Giornalisti, Enzo Iacopino, con il presidente di Libera Informazione Santo Della Volpe, con Giap Parini e Don Tommaso Scicchitano del Coordinamento di Libera a Cosenza, nella preziosa cornice – luogo di cultura e di famiglia- che è a Cosenza il Teatro dell’Acquario.

Cento passi vissuti in un pomeriggio carico di emozioni e di rabbia. Per la morte di Alessandro la Procura ha aperto un fascicolo, e a ottobre inizierà il processo per fare chiarezza sui reati di violenza privata e induzione al suicidio di cui è accusato l’editore Citrigno. L’ordine dei giornalisti si costituirà parte civile,e stiamo valutando anche la partecipazione di Libera. Perché non ci può essere giustizia senza verità. Non possiamo infatti tacere davanti a ciò che è accaduto e ciò che accade, come emerso dal dibattito con i tanti colleghi di Alessandro presenti all’iniziativa. Un quadro a tinte fosche, delineato da storie di donne e uomini che per anni hanno e hanno avuto contratti in nero, di cronisti con contratti da impaginatori, di articoli pagati a due euro, di censure subite per dare lustro ai commenti e non alla notizia, di richiami da parte dei superiori se in un articolo hai dimenticato di citare il solito presenzialista. Di giornalisti costretti a firmare il proprio mesto transito dal tempo indeterminato a quello determinato, proprio come Alessandro.

Ci chiediamo quindi, quale sia stato il ruolo o meglio il silenzio assordante dei sindacati, ci chiediamo quali siano oggi i legami che intercorrono tra la politica e il mondo dell’editoria, tra  “comitati d’affari, gruppi e famiglie che si azzananno tramite i giornali, diventando maldicenza sistematica e organizzata che significa non rispetto della Costituzione”, come ha ribadito il sociologo Giap Parini.

Tutte queste domande hanno avuto voce e volti, è successo sabato a Cosenza. Un momento di denuncia collettiva, senza precedenti: tanti “io” che raccontano con voce tremante di commozione e rabbia la propria esperienza. Per molti sono state solo parole, anche le nostre. Ma ribadiamo con forza che così non è. Lo facciamo con la certezza che l’impegno per la libertà sia il nostro unico intento. Nessuna passerella, nessuna strumentalizzazione, nessuna volontà di dare colpe. Ma siamo in cammino verso la verità che mai come ora fa eco alla libertà. Dobbiamo avere il coraggio – sì, proprio il coraggio – di rimettere al centro la dignità, e di farlo trasformando la rabbia in proposta, non in chiusura, attacchi polemici, interpretazioni senza ascolto. La Calabria ha bisogno di una società civile che conosca, che possa criticare e proporre. Per questo la giornata di sabato non è stata che l’inizio: perché da ora verrà costruito un percorso di approfondimento, di conoscenza reciproca. Lo intraprendiamo consapevoli delle parole che Don Luigi Ciotti è solito ripeterci: la denuncia dev’essere sempre accompagnata dalla proposta. E di proposta ha parlato il presidente di Libera Informazione, Santo Della Volpe: all’inquietante domanda “dove eravamo?” è seguito l’impegno di dare avvio a un percorso di formazione per giornalisti calabresi, in Calabria, che porterà il nome di Alessandro Bozzo. Formazione non è lezione frontale, non è insegnare qualcosa o qualcuno, formazione è approfondimento collettivo dei cambiamenti di un territorio che, metaforicamente e non solo, si sta sciogliendo, è “conoscere per distinguere”, è soprattutto, in questo caso, il modo per mettere insieme professionisti che si possano riconoscere nell’idea di una stampa libera, seria e degna.

“Sacro fuoco” è però anche il titolo di un libro nel quale undici colleghi di Alessandro hanno scelto, sotto la guida di Don Tommaso Scicchitano che ne ha curato la pubblicazione (edita da Pellegrini) per Libera Cosenza, di raccontare la propria esperienza sulla libertà di stampa in Calabria. Il sacro fuoco della passione arde in un lavoro accogliente e ostile allo stesso tempo, la passione delle aquile come Alessandro, immagine evocata da papà Franco, che ha ricordato poi qualcosa d’importante: il legame tra la verità e la libertà, e la necessità di stare insieme. Libera non si tira indietro, perché dietro le parole ci sono anni di percorsi e d’impegno per l’ottenimento di verità e giustizia. Ci saremo nelle aule di tribunale, accompagnando la denuncia, continuando a creare spazi e tempi di parola, di libertà e democrazia. È tempo di indignarci, è tempo di vivere la nostra indignazione, è tempo di riconoscerci in spazi e tempi di resistenza civile, è ora di trovare percorsi alternativi per liberare l’informazione in Calabria, valorizzando le tante esperienze positive. Solo così il gesto di Alessandro Bozzo non resterà vano.

Collera, amore, orgoglio. Parole che meglio sintetizzano quanto abbiamo vissuto insieme al mondo del giornalismo cosentino che ancora crede nel cambiamenti, parole incontrate in un pezzo di Pippo Fava radicato in Sicilia, ma che parlano di sud e dal sud, parole che suonano come augurio e invito: “Ecco, noi siamo giornale del Sud per questo; per dare ai siciliani quella presenza politica e culturale che aspettavamo. Diciamo politica poiché tutti i problemi della società, la giustizia, la violenza, l’economia, la morale, costituiscono politica. E diciamo cultura poiché noi vi racconteremo tutto quello che accade, nella attualità dell’Italia e dell’estero, nella cronaca di Catania e delle altre città siciliane, nell’arte, nello spettacolo, nello sport, e di ogni cosa che accade cercheremo sempre, onestamente e profondamente di capire il come e il perché. Questa è cultura. Ecco appunto, noi vogliamo lottare ogni giorno (e non c’è alcuna retorica in questa parola, ma solo collera, amore e orgoglio) per organizzare il destino di noi siciliani”. (Giuseppe Fava, Con amore collera e speranza, Giornale del Sud, 04/06/1980).

Da http://www.liberainformazione.org/


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