La Grecia è una colonia cinese

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Viaggio nel grande shopping cinese in Grecia. Il Pireo è il cuore del grande progetto made in China. Che però ricorda il colonialismo, e forse domani…

di Francesca Damiani

La Grecia, al suo sesto anno di recessione e con un calo del PIL del 5.6%, è terreno fertile per gli investimenti stranieri. Mentre i russi puntano al mercato dell’energia, ed i qatarioti investono nel settore immobiliare, la Cina affonda le sue radici nei settori strategici dell’economia ellenica. Il Primo Ministro greco Antonis Samaras, per rispondere all’esigenza di monetizzare subito e il più possibile, si rivela determinato a sfruttare l’ambizione illimitata del Dragone nel voler penetrare i mercati globali. L’intento è quello di dar vita ad una forte partnership greco-cinese attraverso un programma di 28 privatizzazioni, tra ferrovie ed aeroporti, ed un investimento ad ampio raggio, dalle infrastrutture all’informatica, di oltre 250 miliardi di euro.

Il punto cruciale riguarda il porto del Pireo. In data 7 luglio 2010, il quotidiano londinese “The Daily Telegraph” annunciava: “la Cina fa shopping in Grecia” prossima” Chinatown d’Europa”. Tre anni fa dalla City risuonava un campanello d’allarme che poneva l’accento sull’ingerenza cinese nei mercati europei. Il dato che preoccupava riguardava l’acquisto del controllo del molo 1 del Pireo per 35 anni con un investimento di 564 milioni di euro. Tre anni dopo ciò che era un timore è diventato realtà. La recente inaugurazione del Molo III sancisce il controllo cinese sulla totalità dei terminal container. Pechino entra direttamente nell’apparato decisionale del porto, triplicando il volume di carico diretto nel vecchio continente. Ad oggi, quindi, “Pireo” significa essenzialmente “China Ocean Shipping Company” (Cosco), colosso cinese di logistica marittima.
Grazie a questo investimento il Dragone avrà libero accesso al Bosforo, al Mar Nero, quindi Asia centrale e Russia. Inoltre, per attuare le riforme imposte dalla troika, il governo greco ha indetto una gara per la privatizzazione delle reti ferroviarie. Con molta probabilità la Cosco comprerà Trainose, l’azienda ferroviaria di proprietà dello Stato. Stessa sorte per il settore aeroportuale dove la Cina intende acquistare 13 aeroporti regionali, tra i quali quello di Atene. Infine, per uno sfruttamento del turismo in chiave mondiale e destagionalizzato, si fa avanti l’idea di creare delle Isole artificiali sul modello Dubai nel golfo di Salonico.

L’ingerenza del colosso asiatico coinvolge anche il settore informatico. Le aziende cinesi Huawei e la ZTE, due delle più grandi società informatiche al mondo, stanno facendo acquisti in Grecia con l’intento di creare un polo informatico e tecnologico nello Stato ellenico. Tempo addietro Katinka Barysh pronunciava parole rassicuranti in merito all’ingerenza cinese. Il vice direttore del Centre of European Reform sosteneva infatti che l’appartenenza all’UE rappresentava una garanzia per l’economia greca in quanto lo Stato avrebbe potuto vantare una solida copertura legale e restrizioni agli investitori.

Il governo ellenico, con il benestare europeo, ha aperto quindi le porte alla Cina con la convinzione che questo avrebbe portato una boccata di ossigeno all’economia del paese. Occorrerebbe però domandarsi chi si è giovato di cotanto benessere. Le nuove leggi sul costo del lavoro, previste dal programma imposto dalla troika, hanno abbassato salari e welfare, creando un incentivo solo per chi investe. Agli occhi della popolazione greca quindi l’Unione Europea non si presenta proprio come una garanzia. Inoltre, gli aiuti promessi dal’UE verranno concessi lentamente e a caro prezzo. Il 9 Luglio i ministri delle finanze dei paesi dell’eurozona hanno definito l’ammontare dei prestiti ad Atene, non più 8,1 bensì 6,8 miliardi di euro. A peggiorare la situazione i contributi verranno concessi in diverse rate tra luglio e ottobre e saranno vincolati ad una serie di misure imposte sempre dall’alto. Queste riguarderanno un piano di mobilità per dodicimila dipendenti statali ed ulteriori riforme nel settore pubblico.

Trovare un adeguato compromesso tra le intenzioni di Bruxelles e quelle di Pechino non sembra possibile. La Cina investe in Grecia, come in altri paesi europei esposti alla crisi, proprio perchè le conviene cavalcare l’onda della recessione, mentre l’Europa tenta di arrestarne l’uragano. Gli interessi cinesi difficilmente potranno rivelarsi un sano incentivo alla ripresa economica greca e men che meno a quella europea. Basti pensare che, negli ultimi anni, il trasbordo delle navi cinesi, che dall’Asia smistano al Pireo per poi ripartire alla volta di Smirne, è salito vertiginosamente. Tuttavia, questo tipo di operazioni sono extrafiscali e non lasciano alcuna risorsa sul territorio. Il portale greco Energy Press denuncia un altro esempio infelice. Secondo indiscrezioni la Cina starebbe cercando un escamotage alle misure antidumping europee sui pannelli fotovoltaici trasferendo la produzione di questi proprio in Grecia. In un’intervista Wei Jiafu, direttore generale della Cosco, ha affermato: “Sono venuto qui per riportare il porto del Pireo al posto che gli spetta. Spero che entro un anno diventerà il principale scalo commerciale del Mediterraneo. In Cina abbiamo un proverbio: ‘Costruisci il nido e l’aquila arriverà’. Abbiamo costruito un nido nel vostro paese per attirare l’aquila cinese. Questo è il contributo che vi stiamo offrendo”. Sembra che l’Aquila sia arrivata ma non sul nido, sulla preda.

da ilmondodiannibale.it


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