Il partito senza qualità. Caffè di martedì 11 giugno

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“No Silvio, no party”. Titola Il Giornale, come dire: abbiamo il leader e nient’altro. È una mezza verità. Perché come Kronos, figlio del Cielo e della terra, è Silvio Berlusconi ad aver divorato la sua progenie.  “La lega è finita”, ammette Gentilini, che ha perso a Treviso con 11 punti di scarto. “A Roma si estingue la destra”, fa eco il Giornale.  Nella Capitale il distacco percentuale tra neo Sindaco ed ex Sindaco è stato enorme: il 36,1 per cento dei voti ad Alemanno, il 63,9 a Ignazio Marino. Si chiude un’era. Il Pdl perde anche Brescia, tracolla a Imperia (e Scajola annuncia il ritiro), perde, a quanto pare al primo turno, Catania e Messina. “Tutti i capoluoghi al centro sinistra” sottolinea il Corriere. “16 a 0”, chiosa la Repubblica. E per La Stampa: “Il centro sinistra fa il pieno”.

Insomma, questa volta c’è pure il vincitore. Ed è chi non avresti immaginato. Il Partito che si era suicidato quando doveva eleggere il Presidente della repubblica. Quello che voleva “smacchiare” il giaguaro e ha finito per legittimarlo, come statista e alleato di governo. Il partito in cui si fa carriera sparando sul leader, che i giovani occupano in polemica con il vertice. Come è successo? Semplice. Perché il Pd è, nonostante tutto, l’unico rimasto in campo. Perché tutti gli avversari hanno giocato nel suo campo, pensando di fare un capolavoro, ma hanno finito per mostrarne la necessità.  Il partito senza qualità, dimostra come l’uomo di Musil di essere ricco di potenzialità. Beppe Grillo, invece, twittando e sbraitando da mane a sera, ha mostrato quanto fossero fragili le strutture del Movimento 5 Stelle. La lega di Maroni non è niente, né Dio Po né politica trasformista. Bobo, se vuole un consiglio, lasci stare Pontida e cerchi di amministrare la Lombardia. Quanto al PDL, si è ridotto ormai “all’esercito di Silvio”. Un partito che può organizzare gite domenicali anti PM,ma non sa fare primarie, né scegliere candidati, né indicare programmi locali. In più, diciamolo. I clientes fuggono dalla premiata ditta Berlusconi & C. “No euro, no party”.

Ma non lasciamoci prendere dall’euforia. L’autore della straordinaria vittoria a Roma, Ignazio Marino, ha riunito, al secondo turno, centomila voti meno di quanti non ne avesse raccolti, al primo, Rutelli nel 2008. L’astensione ha colpito di più destra, lega e 5 Stelle. Ma, a questi livelli, non si può considerare un fenomeno acquisito. Se alle politiche si manifestassero offerte in grado di riportare alle urne un po’  di quelli che ieri le hanno disertate, il trionfo del centro sinistra potrebbe trasformarsi di nuovo in sconfitta. Guai, dunque, a immaginare che il Pd possa fare a meno di una politica, di un congresso che discute di valori e  proposte, di un assetto che superi il mercimonio delle nomine compiuto dalle correnti. Attenti a Boccia, che già preconizza un futuro doroteo per il Pd: “il partito è uscito dallo stallo – dice lo stretto collaboratore del premier, Letta – e riparte dai territori e dal governo per costruire il futuro”. Immagino che su questa linea si schiereranno funzionari e amministratori locali, nell’intento di salvare la loro fetta di potere. Così va il mondo.

Anche per questa, prevedibile, reazione auto consolatoria, il quadro congressuale ora si arricchisce. A Renzi, e Barca,che si capiva già cosa volessero, si sommerà l’offerta dorotea  nel nome del Premier, Letta. Aspettiamo Civati, aspettiamo Cuperlo. Perché è questa la forza del Pd. Lo dico a quanti mi hanno chiesto perché insistessi su più cavalli (di razza?) che dovranno correre per il congresso. Quanto più il Partito Democratico saprà discutere in modo trasparente del suo passato e del suo futuro, tanto più da “luogo” della politica, quale ha mostrato di essere in queste amministrative, potrà diventare “soggetto” di una nuova politica. Quanto più sarà severo con i suoi errori, tanto più potrà raccogliere “la semina”, di cui parla oggi Pierluigi Bersani. Ci torneremo. Oggi godiamoci il risultato.

Oggi Berlusconi prende la misura della sua solitudine. Prenderà la misura del tempo. Così lontano quello in cui, con un colpo di bacchetta, trasformava venditori di pubblicità in politici di successo, ex fascisti e barbari leghisti in presentabili amministratori. Il giocattolo si è rotto. Il doppiopetto non gli si addice. Ormai è il leader di una minoranza che sa, in cuor suo, di avere perso. Ma soprattutto Silvio ora vede bene come Letta e Napolitano abbiano lanciato un’Offerta Pubblica d’Acquisto sul suo ex impero. Se il 19 la Cassazione dovesse confermare l’interdizione dai pubblici uffici, a Quagliariello, Alfano, Lupi e Lorenzin non parrà vero di vestirsi a lutto, ringraziare il vecchio Kronos e correre all’ombra di una Dc 2.0. Il trono è in pericolo. Ora lo sa, oltre ogni ragionevole dubbio. E non resterà a guardare.

Non meno interessante si annuncia il confronto nel Movimento 5 Stelle. “Beppe, se non ci dai corda lunga, resterai solo e  impotente”. Glielo diranno in faccia, questa volta. Ora “i dissidenti” vedranno la possibilità di far politica senza “tradire”. Di riempire l’attesa delle proposte del governo, incalzando il Pd sulla legge elettorale, il conflitto di interessi, la legge anti corruzione. Potranno scegliere di fare e non saranno condannati solo a predicare.

E ora forse giornali e televisioni si occuperanno un po’ di Istanbul, delle elezioni tedesche, di Hollande e del semestre italiano. Forse persino dell’iniqua distribuzione del reddito, dell’impoverimento degli insegnanti, dell’insopportabile oltraggio dell’evasione e dell’elusione. E vai! Nulla è cambiato. Quell’esercito di non votanti conferma la diagnosi. Separazione profonda tra società ed elites. Vuoto di idee, programmi e progetti per il futuro. Ma al mercato delle sciocchezze, dovremmo trovare, da domani, una mercanzia meno scadente. Accontentiamoci, solo per oggi.

Da corradinomineo.it


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