Giovanni Rossi: “Uscire dalla crisi con nuova occupazione e sviluppo della multimedialità”

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E’ stato appena eletto nuovo Presidente del sindacato unitario dei giornalisti, la Fnsi, il bolognese Giovanni Rossi, al posto del dimissionario Roberto Natale, che ha lasciato l’incarico per candidarsi alle elezioni politiche. Un lungo passato nella redazione bolognese de L’Unità e all’agenzia Dire, Rossi è stato fino a poco fa anche vice-Segretario vicario della FNSI, da tempo impegnato sul versante dei rinnovi contrattuali della categoria. Questa è la sua prima intervista da Presidente.

Sei stato eletto Presidente della FNSI proprio mentre si acuisce la crisi dell’editoria e a meno di due mesi dall’inizio della vertenza con gli editori per il nuovo contratto di lavoro…
Certamente sulla discussione con la FIEG per il rinnovo del contratto principale peserà moltissimo lo stato di crisi in cui versa il settore. E’ ipotizzabile che il confronto contrattuale non sarà né breve né facile, se mai lo è stato in passato. E’ altrettanto evidente che noi lavoriamo a questo rinnovo con l’intenzione di ottenere dagli editori un progetto, un’idea attraverso la riapertura del mercato del lavoro. Il problema principale è quello di ricominciare ad assumere e ad espandere la categoria. Quindi, anche allargare la platea dei contribuenti ai nostri istituti economici, a partire dall’INPGI, oggi sotto forte pressione per il ricorso massiccio, e spesso anche non controllato da parte della FIEG sulle aziende associate, agli ammortizzatori sociali: cassa integrazione, contratti di solidarietà e un uso assai elevato dei prepensionamenti. Il tutto a spese quasi totale delle casse dei giornalisti.
Questo sarà il tema centrale del confronto con gli editori, oltre alla questione della regolamentazione del lavoro autonomo e della stabilizzazione del lavoro precario.
Sul lavoro autonomo abbiamo già cominciato il confronto, perché è stata insediata mesi fa una Commissione paritetica tra noi e gli editori, che ha già tenuto alcune riunioni nel tentativo di individuare soluzioni condivise. Se debbo giudicare dalle posizioni espresse dai rappresentanti degli editori, non mi sento però particolarmente ottimista. Nel senso che, mentre il sindacato tenta di individuare regole per il lavoro autonomo e processi che portino alla stabilizzazione, tenendo conto delle compatibilità economiche delle aziende, i rappresentanti degli editori tendono addirittura a spostare alcuni rapporti di lavoro, oggi interni, verso forme di lavoro indipendente, come i CO.CO.CO.”

Non ti sembra che la crisi che stiamo attraversando sia dovuta non solo alla caduta delle risorse pubblicitarie, ma anche alla travolgente innovazione tecnologica, come l’uso massiccio della RETE e dell’infomobilità?
“Indubbiamente entrambi i fattori incidono enormemente sulla crisi. Per uscirne occorre un intervento pubblico che faccia da volano per la ripresa, in forme che vanno studiate e discusse tra le parti sociali. Su questo chiediamo un impegno forte al nuovo Parlamento e, quindi, al nuovo governo.
Sull’altro versante, quello dello sviluppo della RETE, sfidiamo gli editori ad una progettualità, che oggi non hanno, e la Fieg ad avere un ruolo di stimolo nei confronti dei propri associati. Oggi le imprese tendono a vivere alla giornata e ad intervenire semplicemente sulla riduzione dei costi, in primo luogo sul costo del lavoro, cosa che è la più semplice da fare; ma non sono capaci di elaborare progetti multimediali, che guardino al futuro e allo sviluppo del settore.”

Reputi che siamo di fronte a livello mondiale alla fine della stampa tradizionale, come avviene con alcune chiusure clamorose, oppure c’è ancora la possibilità di una coesistenza tra i media tradizionali e i nuovi supporti digitali, internettiani?
“Penso che si debba puntare ad un’integrazione tra i vari mezzi e che questa sia la strada che può consentire una ripresa del mercato. Quando parlo di progettualità dell’imprese mi riferisco in particolare a questo aspetto. Con il Contratto vigente noi abbiamo dato un’indicazione, quando abbiamo definito il giornalista multimediale in quanto tale. Ma gli editori non hanno saputo utilizzare questa possibilità. Anche in questo campo occorre una legislazione di sostegno, che intervenga per favorire le innovazioni delle imprese e la formazione del personale giornalistico e non.”

L’accordo con Google che ha portato in Francia alla creazione di un fondo di 60 milioni di euro in questo senso, può essere preso da esempio anche per uscire dalla crisi in Italia?
“Se ne può discutere, possiamo trovare strade analoghe o di nuove e diverse. Quello che è certo, è che non si può restare fermi a gestire l’esistente e sperare passi la nottata. Non è sufficiente rivedere la legislazione vigente, in particolare la legge 416, che regolamenta il settore dell’editoria; ma occorre immaginare cose nuove che tengano conto di quello che è accaduto nel nostro mondo, soprattutto negli ultimi anni. Sarebbe necessario che tutti i soggetti che vi operano, sindacato giornalisti, organizzazioni imprenditoriali, ma anche altri, trovassero momenti di confronto, per elaborare proposte serie, che possano poi essere oggetto appunto di interventi legislativi.”

>Come scenario che blocca il mercato dei media abbiamo l’anomalia italiana di una debole legge antitrust e di una regolamentazione del settore delle TLC, ovvero al legge Gasparri, che non solo non attenua i danni del conflitto di interessi ma blocca l’intero mercato multimediale…
“Intanto penso che la legge Gasparri andrebbe abrogata. E che andrebbe sostituita con una legislazione moderna, non costruita sugli interessi di una particolare azienda o di un determinato settore. E che questa legislazione andrebbe accompagnata da una legge sui vari conflitti di interesse, non blanda e inefficace come l’esistente.
Su queste tematiche non mancheremo di premere sulle forze politiche e sul Parlamento, perché l’Italia esca da una situazione, che non a caso la colloca nelle graduatorie internazionali in tema di libertà d’informazione a livelli assolutamente inaccettabili.”


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