Come cavalli al mattatoio

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Ogni cosa  ha inizio (e si concluderà) al sinistro fischio di una sirena non diversa da quella in uso nei campi di concentramento nazisti. Apparentemente si balla (e si sballa) a più non posso, in sostanza  si cerca di sopravvivere ai cupi tempi della Grande Depressione americana, partecipando a maratone di danza che mettevano in palio mille dollari ai primi classificati , vivande  e qualche disco  per i meglio  piazzati.   In prospettiva storica, siamo dalle parti del primo naufragio del ‘grande sogno americano’ di cui raccontano possenti scrittori come Caldwell e Steinbeck, e  fotografi (oggi dimenticati) quali Shahn ed Evans.

In concreto si assiste, con crescente disagio interiore,   all’edizione teatrale di “Non si uccidono così anche i cavalli?”,  che Gigi Dell’Aglio (produzione Teatro Due di Parma, in tournée nazionale e  all’Argentina di Roma) trae dal romanzo breve di Horace McCoy (“Ai cavalli si spara”-1935), la cui coralità di tessuto narrativo fu districata dal celebre (ed omonimo) film di Sidney Pollock (1969).

Tutt’ora emanante  acute  similitudini con  l’empietà del nostro tempo occidentale , e la cui simbiotica iconografia ambientale rimandava al doloroso inizio degli anni trenta in California,  al tempo della ‘strutturale indigenza’  di cui oggi si rinnovano sintomi e cause, consustanziali al liberismo capitalista (ai suoi maledetti ‘spiriti animali’)
Al dunque, tanto il film quanto la robusta trasfigurazione teatrale,  altri non sono  che una cupa allegoria di  sfinimento, sfruttamento, ‘morte della speranza’- enucleati  in una  ‘guerra tra poveri’ che slarga  i miti della nuova frontiera (e dell’individualismo vincente)  in un incubo  di  esagitazione forzata e darwinismo sociale elevati  a lugubre prassi di sopravvivenza e horror vacui.

Da parte sua,  lo spettacolo di De Aglio, di aspro e frastornante ‘taglio’ realista, accentua il suo acre sapore di contemporaneità consumando sulla scena il  dramma di una generazione che sembra non avere più nulla da perdere o rischiare, sfruttata (nel corpo e nella mente) da una ‘società dello spettacolo’ in cui l’amore, la vita e la morte (‘vissute in diretta’) sono date in pasto allo sguardo avido di un pubblico (ieri come oggi) alieno allo scrupolo ed al sentimento di pietas.

Divelta la gran parte delle poltrone di platea (in favore di una scena ‘in braccio agli astanti’), lo spazio dell’Argentina diventa una sorta di specchio voyeuristico fra chi sta in panciolle e chi è chiamato a raccolta come animale in pista circense, non avendo altro  da esibire se non il calvario di una giovinezza che (rapinata dall’ignoranza) adatta i propri (falsi) modelli di emancipazione a quelli (comunque perniciosi) di uno ‘star system’ che ingurgita e spazza via gli aspiranti al  ‘posto al sole’: in un gioco al massacro che porta i concorrenti fino ai loro estremi limiti fisici e psicologici. Affinchè  si seguiti a  ballare in uno stato di semi-incoscienza (ciascun corpo di puntello all’altro), e consumando le brevi pause in uno squallido dormitorio a pancia vuota.

“Ecco come la salutiamo la depressione! Dateci sotto gente, diamo il via alle danze!” annuncia  con incalzante cinismo il presentatore della serata.  E l’assonanza con il presente si fa macabra, ‘videocratica’ –avendo ciascuno conficcate in mente frammentate sequenze della tante ‘factory’ e ‘isole dei famosi’  marcate biscione o bassa-Rai che tanto è uguale.

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“Non si uccidono così anche i cavalli?”  Prod. Fondazione Teatro Due in collaborazione con Balletto Civile- regia Gigi Dall’Aglio- traduzione e adattamento Giorgio Mariuzzo-  con Roberto Abbati, Alessandro Averone, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Cristina Cattellani, Ambra Chiarello, Laura Cleri, Andrea Coppone, Paola  De Crescenzo, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Filippo Gessi, Luchino Giordana, Francesca Lombardo, Michela Lucenti, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Nanni Tormen, Marcello Vazzoler, Chantal Viola Adattamento musicale / pianoforte Gianluca Pezzino -clarinetto / sax Paolo Panigari – contrabbasso Francesca Li Causi -batteria Gabriele Anversa -voce Carlo Massari -scrittura fisica Michela Lucenti-adattamento musicale Gianluca Pezzino- costumi Marzia Paparini- luci Luca Bronzo. Roma, Teatro Argentina  


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