Sequestro di beni da 5 milioni colpisce clan Messina Denaro

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di Rino Giacalone
Nell’officina di Leonardo Ippolito a Castelvetrano si svolgevano summit della cosca belicina
Un sequestro di beni per 5 milioni di euro che costituisce l’ennesimo colpo contro la cassaforte riconducibile al super boss latitante Matteo Messina Denaro, indiscusso boss di Castelvetrano e oggi a capo delle famiglie di Cosa nostra tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento. I beni sono stati sequestrati dalla Dia su ordine della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani al castelvetranese Leonardo Ippolito, 57 anni, uno dei referenti della cosca mafiosa belicina.

Il sequestro ha anche colpito i beni intestati alla moglie di Ippolito, Daniela Noto. Ippolito, titolare di una officina parecchio avviata a Castelvetrano, dove anche il Comune portava i propri mezzi alla riparazione, risulta dalle indagini averla messa a disposizione per diversi summit di mafia finiti filmati e intercettati dalla sezione antimafia della Squadra Mobile di Trapani che due anni addietro assieme allo Sco fece scattare un blitz – Golem 2 – arrestando Ippolito e altri soggetti tutti accusati di essere fiancheggiatori del capo mafia latitante Messina Denaro.

Nanà Ippolito, così conosciuto dai più a Castelvetrano, però avrebbe fatto anche altro diventando il braccio esecutivo eseguendo gli ordini che attraverso i “pizzini” puntualmente giungevano dal latitante Messina Denaro, oltre che fare il “postino”, all’occorrenza, degli stessi “pizzini” quando erano destinati ad altri. Una posizione di rilievo che secondo le risultanze delle indagini della Dia avrebbe consentito ad Ippolito di fare crescere a dismisura il suo patrimonio, e così oggi i sigilli sono scattati per l’officina ma anche per 10 fabbricati, terreni, autovetture, motocicli, una yacht . Ippolito è anche risultato intestarlo di 13 conti correnti. Tra i particolari emersi dalle indagini quella che spesso nelll’officina a guidare i summit assieme ad Ippolito ci sarebbe stato un anziano capo bastone della mafia belicina, Nino Marotta, uno che a suo tempo fece parte anche della banda del bandito Giuliano, spesso i filmati della Polizia lo hanno colto a girare dentro l’officina, a dispensare consigli utili al boss ed ai suoi complici, e quando c’era qualcosa da decidere era lui a far sapere che il “pezzo era arrivato”, era questo il passa parola per riunire il clan.

Nell’officina di Nanà Ippolito si parlava di tante cose, anche di politica. Anche loro, come altri politici in auge, se la prendevano contro i «comunisti» e tali venivano bollati magistrati e politici della sinistra. In quell’officina tra il 2006 e il 2009 gli investigatori della Squadra Mobile di Trapani hanno sentito i boss parlare delle allora imminenti elezioni, e di come fare avere voti «alla lista di Silvio Berlusconi»: «Sono finiti i tempi dei comunisti, la loro vittoria “ni consuma». Ascoltati a discutere di politica sono Nanai Ippolito, Tonino Catania, Mommo Casciotta, tutti oggi soptto processo davanti al Tribunale di Marsala. «I tempi dei Comunisti sono finiti Tonino…..le leggi non sono più come una volta…votiamo giusti!…ce ne possiamo andare dall’Italia se salgono…Prodi… questo babbu ! ci consuma a tutti…votiamo giusto quando sarà».


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