Per un’informazione libera e plurale. Appunti da Acquasparta

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Desideriamo costruire una informazione libera, pluralista. Si parla di obiettività dell’informazione e di indipendenza del giornalista e sappiamo bene che nessuno di noi vive in una campana di vetro ed ognuno ha idee, cultura, formazione propria.
Il vero problema è quello di costruire regole, di varare leggi che garantiscano i cittadini, che non diano vita a monopoli, che non creino padroni.
Desideriamo un vero servizio pubblico e stabilire regole nuove per il sistema nel suo complesso e regole che coinvolgano gli utenti. L’informazione anche operata da privati resta un pubblico servizio.
Occorre una politica dell’informazione e della comunicazione e poi una più ampia politica culturale  per stabilire cosa mettere nel contenitore RAI . Importiamo,  produciamo poco senza investire.

Esiste un diritto alla conoscenza ed il diritto all’informazione è strumentale rispetto alla soddisfazione degli elementari bisogni sociali.
Sarà possibile la pluralità delle fonti di informazione e la partecipazione dei cittadini nel processo che va dalla elaborazione al controllo, alla diffusione dell’informazione?
Numerosi studiosi pongono il diritto all’informazione sullo stesso piano del diritto alla salute, alla cultura, direi alla vivibilità complessiva.
La nostra Costituzione, oltre all’art.21 relativo alla garanzia della manifestazione del pensiero, che per formarsi ha bisogno di essere informato e formato pone l’accento sui principi della democrazia (art.1, comma 1) della sovranità popolare (art.1, comma 2), dello sviluppo della persona umana (art,2), dell’uguaglianza (art.3) e dello sviluppo della   cultura (art.9). deve esserci coerenza tra la libertà di informazione e i principi che la implicano e la garantiscono.

Il diritto all’informazione è un diritto di cittadinanza..
Non possiamo fermarci all’informazione in senso stretto. Ogni trasmissione presenta modelli culturali, idee e valori e rientra nell’ambito dell’informazione.
Abbiamo l’esperienza di una informazione anche RAI che ha attentato alla libertà ingannando e presentando come informazione messaggi pubblicitari per orientare, determinare, piegare la Costituzione.
Da anni la RAI ha affidato presente e futuro alla lottizzazione e c’è stata ricerca di sponsor e protezioni e numerosi professionisti non sono andati ad inginocchiarsi davanti a padrini vari. La lottizzazione ha prodotto danni. La RAI è rimasta servizio pubblico e tecnici, programmisti, registi, operatori, giornalisti hanno lavorato con grande professionalità.
Purtroppo molti cittadini hanno creduto di essere soggetti di scelte mentre sono stati fruitori di scelte di altri e quindi abbiamo avuto uomini manipolati, appartenenti, come diceva Fellini , ad una sterminata platea di analfabeti.

E la nostra gente ride, piange, applaude a comando, si commuove dinanzi alle sollecitazioni di chi vuole che tutto diventi spettacolo e risponda al così detto indice di gradimento che talvolta mette in vetrina l’uomo e lo lascia solo.
Ricordo un libro di Paolo Del Debbio “Il mercante e l’inquisitore. Apologia della Tv” con prefazione di Ricossa che attacca gli intellettuali, esalta la logica del mercato ed annuncia singolari teorie sulla creazione del consenso e di una opinione pubblica che va orientata…
Lo strumento televisivo non deve orientare la conoscenza, ma deve contribuire a creare le condizioni perché ogni uomo abbia gli strumenti per conoscere, per comprendere e sapere. Noi dobbiamo operare tutelando la democrazia perché ogni cittadino sviluppi capacità nel saper leggere storia e quotidianità. Non possiamo lasciare ai poteri forti, a coloro che hanno mezzi materiali , la facoltà di orientare le menti.

Ricordate che il piano di rinascita P2 immaginava e immagina che si penetrasse nel settore delle televisioni e dell’informazione per condizionare il sistema politico italiano e dissolvere la RAI TV…
Quindi c’è chi ha programmato una politica che era orientata a distorcere per creare il teledipendente acritico. Bisogna contribuire a creare una virtuosa politica dell’informazione.
Bisogna tutelare il ruolo del giornalista che non va considerato un lavoratore dipendente come tanti ma è soggetto attivo per la crescita della democrazia e quindi deve essere libero.
Né monopoli, né padroni. Né partitocrazia, né lottizzazione.
E poi uomini di grande idealità.

Attenzione ai centri di produzione, alle sedi regionali, alle redazioni giornalistiche.
Ci avviciniamo alle elezioni e già ce ne accorgiamo e sono carenti le norme di garanzia…
Vorrei anche invitare tutti a porre attenzione al futuro dei nostri giovani. Hanno diritto ad un servizio pubblico che abbia in sé un progetto culturale,  educativo…
RAI è servizio pubblico ed è impresa. E’ l’ industria culturale più importante del Paese e l’uso delle risorse va effettuato con saggezza . Ciò significa anche nuovi atteggiamenti, mentalità e strumenti adeguati e poi capacità di produrre, scegliere, orientare , sollecitare originalità e creatività in tutte le imprese dell’Azienda (cinema, video, etc.)
In ogni rete e testata pluralismo e completezza di informazione.
Servizio pubblico a servizio dello Stato, non del Governo.
La situazione occupazionale in Campania è di estrema gravità.
Attenzione al centro di produzione ( Napoli) , alle professionalità e all’ indotto. Innovazione. Tecnologie.

CITTADINI OSCURATI
Oscurare la notizia vuol dire oscurare le persone, i cittadini e la loro storia. Parlare di democrazia e di diritti impone agli operatori  dell’informazione  di operare per creare coscienza e conoscenza nei cittadini di quelli che sono i loro diritti e lo stesso diritto all’informazione. Parlarne tra addetti ai lavori serve per confermare le certezze che vanno , in qualche modo, trasmesse ai cittadini. Il prof. Zaccaria ci ha parlato dei diritti costituzionali. Mi chiedo quanti tra i nostri concittadini hanno consapevolezza di tali diritti.
Oggi il giornalista ed anche colui che lavora in rete segue una vocazione, si aggiorna, diventa esperto ma, in quanto cittadino, non ha ricevuto alcun input originato dalla Costituzione . L’accesso agli strumenti è un diritto perché gli strumenti di comunicazione rendono attuabile il diritto costituzionale.
Credo che vadano formati educatori all’uso dei mezzi ed occorre educare i giovani alla lettura dei messaggi, a decodificare, a comprendere il linguaggio del cinema, della Tv, della carta stampata. Bisogna che essi comprendano significati, sappiano costruire il video, sappiano usare e valorizzare le tecnologie. Oggi ognuno è  autodidatta.
La scuola deve intervenire e formare perché attraverso questi strumenti comunque si costruiscono persone e persone in relazione. Non basta fornire la scuola di computer se si lasciano soli gli studenti.
Numerosi sono oggi in questa sala i giornalisti televisivi. L’informazione nel Paese è data da molteplici  agenzie attraverso strumenti di ogni tipo. E tutto è informazione e noi veniamo raggiunti dal mezzo radiofonico, televisivo e poi dal libro, dal cinema, da ogni forma espressiva come il teatro e la stessa produzione deve tenere presente la complessità del fenomeno informativo ed adeguare scelte, temi, linguaggio perché la qualità sia alta e risponda al diritto costituzionale all’informazione e alla cultura.
Desidero anche ricordare che il mondo dell’informazione risente della crisi e quindi gli operatori vivono situazioni difficili mentre il precariato è diffuso e le giovani generazioni guardano con preoccupazione al futuro. Vi è un precariato che non rispetta contratti e diritti e che non ha regole e si accresce l’illegalità nel nostro Paese.
Anche chi lavora teme che il ridimensionamento degli strumenti e delle stesse Istituzioni (vedi Province) possa determinare cadute occupazionali.
Concludo ricordando come l’informazione nel sud sia carente se non inesistente relativamente a prodotti diffusi su tutto il territorio e bisogna essere vicini a coloro che informano e sembrano siano in trincea in realtà ambientali dominate da illeciti interessi rappresentati dalla diffusa criminalità pervasiva.


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