Usa, se vince il campione del legittimo stupro

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di Guido Moltedo*
Pensa di avere buone possibilità di vincere, il 6 novembre, il teorizzatore dello «stupro legittimo». E non è l’unico a pensarla così. Todd Akin non solo resta il candidato del Partito repubblicano in lizza per il secondo seggio senatoriale del Missouri – Mitt Romney e la leadership del Grand Old Party l’avevano “scaricato”, tagliandogli i fondi elettorali – ma può anche contare sul sostegno del senior senator dello stato, Roy Blunt, e soprattutto, per l’eco che suscita, su quello di Newton Gingrich, già speaker della camera dei rappresentanti e uno degli esponenti più in vista della destra americana. Inoltre, dalla sua parte si schiera adesso anche il Missouri Republican Party.

La resistenza di Akin a tutte le pressioni perché rinunciasse alla candidatura – rafforzate dall’abbandono del suo campo da parte di importanti donor, innanzitutto American Crossroads, il comitato di finanziatori che fa capo allo stratega Karl Rove – ha suscitato una forte ondata di simpatia, in tutti gli Usa, nella galassia dell’estrema destra religiosa.

Akin è diventato il loro campione, anche per essersi opposto all’establishment. E sono iniziate le donazioni via internet, che certo non compensano le perdite subite dalla chiusura dei rubinetti da parte di Rove e del Republican National Committee.

Ma è un flusso di denaro fresco, comunque politicamente rilevante perché viene dal basso – il cosiddetto small-dollar fundraising -, che dovrebbe aumentare fortemente, adesso che Akin conferma la sua intenzione di correre (fino all’ultimo non era scontato, tali e tante erano le pressioni per farlo ritirare) e soprattutto dopo che il Senate Conservatives Fund, il fondo sostenuto da Jim DeMint, il kingmaker del Tea Party, ha inviato martedì scorso un’email agli oltre centomila suoi membri per sollecitare il loro sostegno finanziario ad Akin. Nel frattempo, il Freedom’s Defense Fund gli ha già promesso 250mila dollari per mandare spot in onda su radio e tv locali e su internet. Si tratta di un gruppo di pressione che sostiene i “conservatori intrepidi” che si battono per la libertà di portare armi da fuoco e per il taglio delle tasse, si oppongono all’aborto e sono contro l’immigrazione.

La battaglia di Akin, a questo punto, diventa altamente simbolica per l’ultradestra religiosa americana e riconquista centralità nello scontro più generale per la conquista della maggioranza al senato. I repubblicani devono agguantare quattro seggi per mandare i democratici in minoranza anche al senato (alla camera sono il primo partito) e contrastare così, con il controllo dei due rami del Congresso, il potere di Barack Obama, che – si votasse domani – sarebbe sicuramente rieletto. Una prospettiva, comunque, che molti analisti repubblicani danno ormai per scontata. Tanto che Karl Rove sta spostando i suoi soldi da Romney verso i candidati repubblicani al senato e alla camera con maggiore probabilità di farcela. Non ancora, di nuovo, verso Akin, ma potrebbe ripensarci.

Perché, a questo punto, ragionano diversi big repubblicani, tanto vale puntare tutto su Akin, tenendo conto che prima della sua infame uscita sul «legitimate rape» Akin era in testa nei confronti della democratica Claire McCaskill, la senatrice in carica, con un vantaggio a due cifre. Adesso, peraltro, sconfiggere McCaskill è come conseguire un trofeo da esibire per l’ultradestra, perché, in un gioco di specchi, è diventata a sua volta l’eroina dei progressisti americani. Così la sfida in Missouri si è caricata di attese enormi, diventando probabilmente – dopo le presidenziali – la competizione più attesa e seguita il 6 novembre, a destra e a sinistra.

Inoltre, a favore di Akin, gioca il calcolo che, se anche danneggerà la corsa di Romney e di Ryan, con il quale ha intensamente collaborato alla camera dei rappresentanti proprio sulla modifica della legge sull’interruzione della gravidanza, le conseguenze avranno scarso rilievo sull’esito della corsa presidenziali, data, appunto, come virtualmente perduta.

La sua vittoria, invece, compenserà le attese dell’ultradestra e dei donor che si aspettano almeno il conseguimento della maggioranza al senato. Naturalmente, proprio il rischio che la candidatura di Akin danneggi le già fragili speranze di Romney induce diversi big repubblicani a continuare a opporsi a qualsiasi forma di sostegno politico ed economico a suo favore. Il presidente del partito, Reince Priebus, ha confermato che non andrà «a giocare con Akin in Missouri».

Anche il potente comitato The Club for Growth presieduto da Chris Chocola, che sostiene i candidati di destra più liberisti, e la US Chamber of Commerce, la potente lobby conservatrice di uomini di affari e imprenditori, hanno fatto sapere di non volere essere coinvolti nella battaglia del Missouri.

Attualmente la senatrice McCaskill stacca Akin di sei punti nei sondaggi, ma questo prima che si sciogliesse l’enigma della sua candidatura. Adesso anche i tanti repubblicani che presero le distanze da Akin lo sosterranno e non dichiareranno le loro riserve nei suoi confronti. E anche Romney, noto flip flopper, potrebbe cambiare di nuovo posizione, se, nella fase finale della corsa, dovesse constatare che non è in grado di conquistare l’elettorato indipendente e moderato. A quel punto potrebbe rafforzare il suo profilo di destra per indurre il massimo di elettori di destra a recarsi alle urne. In un simile scenario, Akin diventerebbe il personaggio simbolo di uno scontro elettorale assurto a scontro di civiltà.

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