Unione (finalmente) civile

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di Nadia Redoglia
Dopo essere stata tanto bevuta (e mangiata), Milano si riconsegna ai suoi cittadini “solo” come Città distribuendo oggi una speranza in più. L’istituzione del registro delle unioni civili è volontà di superare discriminazioni inaccettabili, è sana ambizione d’integrare tali unioni nel contesto sociale, culturale ed economico in seno al territorio.

Il sindaco ha dovuto non poco mediare tra laici e cattolici (ignoriamo se c’erano altre confessioni) per riuscire a deliberare. S’è rinunciato tra le altre cose alla dicitura “famiglia anagrafica” sostituita con“unione civile”. Il che ci pare fin meglio. Civile significa non barbaro, non belluino, non incivile, non buzzurro, non militarizzato ecc. mentre per “famiglia”, istituzionale laica o religiosa, potrebbe pur identificarsi, come da dimostrazione quotidiana, un covo dove si commettono le più impunite efferate violenze, oltre al femminicidio.

S’è persino dovuto aggiungere “due” tra “insieme” e “persone legate da vincoli affettivi”, per evitare (incredibile!) il rischio di poligamia: ma non è già un reato nel nostro Stato, perseguibile d’ufficio (a differenza dell’incesto che è reato solo se reso pubblico, dunque crea scandalo)?

Tenuto conto che si parla di Persone e di vincoli affettivi riteniamo anche corretto informare che per “Persona” (cfr Wiki) hanno da intendersi “umani” dunque altre specie non sono contemplate e, quanto alla dicitura “vincoli affettivi”, si ribadisce che la sessualità non c’entra. A questo proposito ricordiamo la recentissima sentenza di Cassazione che ha omologato definitivamente l’assunto: svelare l’omosessualità degli altri è reato.

Si spera che quanto prima si arrivi anche a levare il prefisso “omo” perché la sessualità, qualunque essa sia, è esclusivo interesse privato tra le parti.

 

 

 


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