Il nostro capitano è Antonio Ingroia (lettera aperta al Presidente Napolitano)

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Egregio Presidente Napolitano,
il capitano della nostra nazionale non è Gigi Buffon.
Il nostro capitano è Antonio Ingroia

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pubblico Ministero alla Procura distrettuale antimafia di Palermo ormai da 20 anni, quando iniziò la sua attività con Paolo Borsellino, il quale era a Palermo quando vi furono le stragi terribili del ’92 ed è ancora a Palermo dove svolge le funzioni di Pubblico Ministero.

“Io credo che il nostro paese sia un paese strano, anomalo. Lo è soprattutto perché ha un rapporto difficile con la verità, da un lato, e dall’altro ha una forte esigenza di verità. Troppi fatti della sua storia, del suo passato, sono rimasti ancora avvolti da una nebbia di silenzi, di menzogne, di reticenze a volte perfino anche istituzionali, di una verità dimezzata e negata. Un Paese che non riesce a conquistare tutta la verità sulla sua origine, sulla storia di fatti sanguinosi come le  stragi che lo hanno contrassegnato, è un Paese che non potrà mai crescere, mai conquistare la democrazia. È un Paese che rimane senza passato e senza memoria perché non ha verità sul suo passato, un paese che non può costruire nessun futuro. L’Italia è un paese senza verità sulle stragi, sui grandi delitti politico-mafiosi, su tutte queste tragedie dello Stato, incapace di illuminare gli angoli bui e sporchi del suo passato, senza coraggio, dove a volte la ragione di Stato è finita per prevalere sulle ragioni del diritto, sulle ragioni della giustizia. Per esempio, c’è una verità che si è andata concretizzando quella sullo stragismo del 92/93, la verità su quella trattativa stato – mafia che nello sfondo del ‘92/’93 si è sviluppata. Su questa ragione la Magistratura in questi anni ha svolto un’opera complicata, con un obiettivo preciso, cercare di fare il proprio dovere fino in fondo, col dovuto rigore, individuare fatti, reati concreti, accertare le responsabilità penali. Credo che in un Paese normale di fronte a questa azione della Magistratura, il paese delle istituzioni e la società si stringerebbero attorno ai magistrati, li si sosterrebbe in questo compito difficile, anzi ciascuno cercherebbe di fare la propria parte. La politica dovrebbe occuparsene, accertando quello che alla politica tocca accertare rispetto al passato, la verità politica, la verità storica – politica. Non tocca alla Magistratura appurare la verità storica. La politica dovrebbe anche individuare responsabilità storiche e responsabilità politiche, non certo le responsabilità penali e invece questo in Italia non è avvenuto. Almeno fino a oggi non è avvenuto perché per esempio tante e tante commissioni parlamentari antimafia si sono avvicendate in questi vent’anni, nessuna di questa ha messo al centro della propria attenzione, al centro della propria indagine, l’accertamento della verità su quel terribile biennio 92/93, che è poi il biennio sul quale è nata questa Repubblica. Perché questa Seconda Repubblica affonda letteralmente i suoi pilastri nel sangue di quelle stragi, in quella trattativa che si sviluppò dietro le quinte di quelle stragi. Non solo la politica non ha fatto questo, ma né dalla politica, né dal mondo dei mass media, il mondo dell’informazione è venuto un sostegno nei confronti della Magistratura, anzi queste iniziative di verità, di realtà giudiziaria ovviamente – non tocca alla Magistratura scoprire la verità storica – sono state accolte con freddezza, fastidio, a volte con ostilità come se questo Paese la verità non la volesse, come se ci fosse una grande parte del Paese che preferisce vivere in quell’eterno presente immobile senza conoscere le proprie origini, forse per la paura di scoprire qualcosa di cui vergognarsi nella propria vita. Le istituzioni hanno una grande occasione. Perché alla verità inevitabilmente corrisponde sempre la responsabilità e c’è gran parte del Paese che è allergico alla verità, è anche allergico al principio di irresponsabilità, troppo affezionato, soprattutto la nostra classe dirigente, al principio di irresponsabilità attraverso la ricerca dell’impunità, dell’impunità penale e dell’impunità politica secondo il criterio per cui nessuno deve rispondere dei fatti che ha commesso, esattamente il contrario dei principi di uno stato di diritto e di una democrazia. Allora probabilmente questa allergia verso la verità nasce da quel peccato originale: rifiutare qualsiasi forma di responsabilità. Alla verità integrale dovrebbe corrispondere la responsabilità penale, quella politica per i politici, quella etico-morale davanti ai cittadini, quei cittadini che sono tanti, assetati di verità e di giustizia. Noi fino a quando non conquisteremo una sufficiente parte di verità, fino a quando non ristabiliremo principi di responsabilità, non diventeremo mai una democrazia. Il nostro è un Paese senza responsabilità: troppi assassini in libertà,troppi mandanti di stragi ancora col volto coperto, perché alla Magistratura non vengono dati strumenti efficienti per trovare i colpevoli, perché non ci sono circuiti di responsabilità che vigilano in un paese avanzato e democratico di responsabilità politica e morale. Perché l’Italia è un paese di irresponsabili, senza giustizia e senza verità. La giustizia e la verità a cui hanno diritto le vittime, i familiari delle vittime, a cui hanno diritto i cittadini. Per riconquistare il piacere di sentirsi cittadini di questa Repubblica. Negli ultimi anni è calato di molto la credibilità delle istituzioni. Abbiamo ora a portata di mano, un momento di un pieno accertamento della verità, una grande occasione, le istituzioni hanno una grande occasione: cercare di riconquistare la verità, riconquistare la fiducia dei propri cittadini che la verità vogliono. Per fare questo occorre che i cittadini interpretino il loro ruolo di cittadini nel modo più attivo possibile. Loro sanno quanto tengono alla verità a per quanto tempo questa verità gli è stata negata. Noi siamo un po’ orfani, non solo di tanti grandi uomini che hanno fatto la storia più nobile del nostro Paese, e mi riferisco a uomini dello Stato, ai servitori dello Stato, mi riferisco in particolare a quelli che sono stati i miei maestri da magistrato come Falcone e Borsellino. Ma noi ancora più che orfani di questi uomini, siamo orfani della verità, orfani della verità su quella stagione, orfani della verità su quelle nostre origini. Allora io credo che di fronte a questo scandalo di un Paese che non riesce a conquistare la verità su quella stagione cruciale della sua storia, non vogliamo che l’Italia resti soltanto un paese degli scandali. Vogliamo costruire un’Italia diversa, vogliamo costruire un’Italia libera per liberarla dal ricatto dei poteri criminali di ogni specie. Io credo che i cittadini debbano impegnarsi ciascuno per la sua parte, ciascuno nel suo ruolo, ciascuno nel ruolo che svolge nella società per dare il proprio contributo per conquistarla insieme questa verità, pretendendo ed esigendola, da cittadini, perché la verità è difficile, imbarazzante, può essere solo frutto di una conquista collettiva, di uno sforzo collettivo. Bisogna spalancare ogni porta chiusa, ripristinare il binomio verità e giustizia per costruire il Paese, per costruire una vera democrazia come fecero i nostri padri costituenti. Dobbiamo, abbiamo il diritto, non soltanto noi da magistrati, ma ognuno di noi cittadini fare tutto ciò che possiamo per conquistare tutta la verità e pretenderla a voce alta, passate parola tra voi cittadini, per conquistare tutta la verità.”


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