“Non ci sto”. Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, ha deciso di ritirare tutte le querele per diffamazione

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Io e Patrizia è un po’ che non ci vediamo: siamo entrambi contenti di incontrarci e lei è del suo solito umore anche  nel torrido caldo di una domenica pomeriggio a Ferrara: sorridente e serena. “Ti ho chiamato –  mi dice subito – perché volevo togliermi un peso e ora finalmente mi sento più leggera e riesco anche a guardare al futuro. Ho deciso che basta. Sono passati 10 anni ormai dalla morte di Federico (25 settembre 2005), la giustizia ha fatto il suo corso. Non voglio più entrare in un’aula di tribunale, prima come parte civile nel processo, poi come imputata, e oggi soprattutto come persona offesa. Ho deciso di ritirare tutte le querele nei confronti di chi in questi anni ha infangato la memoria di mio figlio e ha detto falsità sui fatti smentite dagli atti del processo”

Le querele riguardano ricordiamo Paolo Forlani, uno dei quattro agenti condannati in via definitiva, esponenti dei sindacati di polizia, il senatore Carlo Giovanardi.
Avevo chiesto alla giustizia di tutelarci ancora. In quel momento era l’unica strada, e non me ne pento. Sono passati due anni dai fatti per cui ho sporto querela. Ci sono state le reazioni pubbliche e anche quelle politiche. Però poi niente è cambiato. Ho maturato questa decisione non perché non mi ritenga offesa da chi ha proclamato  falsità sulle foto di mio figlio sul lettino di un obitorio, da chi ha definito mio figlio un cucciolo di maiale, o da chi mi ha insultata definendomi faccia da culo, falsa e avvoltoio. Non dimenticherò mai le offese che mi ha rivolto Paolo Forlani dopo la sentenza della Cassazione. È stato lui ad appropriarsi degli ultimi istanti di vita di mio figlio. Le sue offese pubbliche, arroganti e spavalde, le ho vissute come lo sputo sprezzante sul corpo di mio figlio. E lo stesso sapore ha ogni applauso dedicato a quei quattro poliziotti. Applausi compiaciuti, applausi alla morte, applausi di morte. Non sarà una sentenza a fare la differenza. Forlani e i suoi colleghi li lascio con le loro offese e i loro applausi, magari ad interrogare ogni tanto quella loro vecchia divisa, quando sarà messa in un cassetto dopo la pensione, sull’onore e la dignità che essa avrebbe preteso.

Patrizia, interrompo lo sfogo, lo sai che diranno che hai ritirato le querele perché hai paura di perderle? 
Lo immagino ma non mi interessa. Non voglio stare al loro gioco. Da queste querele non può venire nulla di costruttivo, né per me, né per nessuno.  Semmai sarebbero loro ad ottenere ulteriore visibilità e propaganda elettorale. No, non ci sto.

In questi lunghi dieci anni tu e Lino, il papà di Federico, avete sempre dimostrato un’incrollabile fiducia nella giustizia, a volte consenti di dirtelo, anche a dispetto dei fatti. Ti è venuta meno questa fiducia?
La giustizia ha fatto molto per noi, in particolare arrivare ad una sentenza definitiva di condanna. Sono io che oggi voglio voltare pagina e non voglio sprecare il mio tempo ad inseguire le dichiarazioni di queste persone. Non voglio più vederle, non voglio alcun dialogo con loro, anche a distanza attraverso comunicati e dichiarazioni strappatimi quasi con la forza.

Non nascondo che Patrizia è contagiosa come sempre e la sua decisione ha la forza di sollevare anche me da un peso a volte insopportabile. Sono felice della sua scelta e allora cambiamo argomento parlando  di come insieme all’Associazione per Federico Aldrovandi intendono celebrare a fine settembre il decimo anniversario. Sarà una festa, ma ancora più grande delle precedenti, durerà due giorni, ci saranno concerti, poesie, mostre, film e tante persone da tutta Italia. L’impegno di Patrizia continua, libera da tutto il resto. Alla fine non posso però non chiederle quello che già so, che con lei condivido, ma che tutti devono sapere e non dimenticare.

Patrizia, 10 anni dopo la morte di Federico, cosa è cambiato, questo è un paese più civile, un “altro caso Aldrovandi” sarebbe ancora possibile? Purtroppo sì. Non è cambiato proprio niente ed è questo che mi ha portato a ritirare le querele. I quattro agenti condannati per omicidio colposo sono tornati in servizio, la legge sulla tortura non esiste. Non ci sono norme o cambiamenti culturali che mi facciano ben sperare. C’è ancora molto da fare. Non è certo rincorrendo le querele che potremmo costruire qualcosa-.


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