Pluralismo mediatico e libertà di espressione rischiano di rimanere l’ultimo argine alla corruzione e alla prepotenza di pochi privilegiati

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Se prese isolatamente, la nuova legge bavaglio spagnola e il “Patriot act” alla francese di cui hanno riferito per Articolo21 Matteo Giulietti e Antonio Di Bella, potrebbero anche apparire come normali misure antiterrorismo, in parte giustificate dagli attentati recenti. Anche le nuove normative su diffamazione e intercettazioni che il governo Renzi intende fare approvare dal Parlamento possono sembrare ai non addetti ai lavori una ragionevole limitazione a tutela del buon nome e della privacy in generale. Ma oggi dobbiamo valutare queste misure in un contesto storico europeo che vede, con la crescita delle disuguaglianze e la concentrazione in poche mani del potere politico ed economico, il progressivo indebolimento dei diritti fondamentali dei cittadini e della loro rappresentanza istituzionale. A cominciare dai sindacati e dai partiti tradizionali della sinistra, sempre meno capaci di una risposta politica adeguata all’offensiva neoliberista nonostante il suo fallimento evidente nel far fronte alla crisi.  Ecco perché leggi e proposte di legge come quelle di cui parliamo, per non dire della RAI governativa ideata dal governo italiano, assumono un significato inquietante. Perché pluralismo mediatico e libertà di espressione rischiano di rimanere l’ultimo argine alla corruzione e alla prepotenza di pochi privilegiati, come pure alla minaccia dei populismi che finiscono quasi sempre per avere uno sbocco reazionario. Un argine che è nostro dovere di cittadini democratici e di giornalisti difendere con impegno.


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