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«Papà, offriamo una pastasciutta a tutto il paese…». Sono le parole di Aldo, figlio di Alcide Cervi. La data è il 25 luglio 1943, il giorno della caduta di Mussolini e del Fascismo. La reazione è immediata: si aprono le dispense e si tira la sfoglia, si scalda l’acqua per cuocer la pasta. Si chiede credito alla latteria sociale per prendere il formaggio. Quintali di pastasciutta, ai Campi Rossi, a Campegine; a Casa Cervi. E quel giorno tutto il paese ebbe un piatto di pastasciutta.

Son passati 77 anni da quel giorno; da quando i carabinieri si presentarono sulla piazza grande del paese della Bassa reggiana, con l’idea di disperdere quell’assembramento, e finirono per mangiare anche loro la pastasciutta dei Cervi. Ma domani la Storia si ripete; in quasi tutte le piazze grandi dell’Emilia Romagna e in buona parte di quelle italiane. Si festeggia ancora la caduta del fascismo e le dimissioni di Mussolini: come se fossero passati 77 minuti, dal Gran Coniglio e dall’Ordine del Giorno del gerarca Dino Grandi.

Il Covid non ha fermato la ricorrenza, ma l’ha solo modificata. In diversi circoli si festeggia il 25 luglio con iniziative tra le più varie e con un occhio di riguardo alle attenzioni anti-Virus. Dalle prenotazioni obbligatorie al numero necessariamente chiuso. Dai pic-nic organizzati con pastasciutta da asporto, alla pastasciutta “simulata” e sostituita da musica popolare e di lotta. Basta scorrere le varie pagine Internet di circoli, associazioni e organizzazioni che aderiscono al progetto condiviso dell’Istituto Cervi, per scegliere quella più vicina a casa propria. Da Budrio, dove la pastasciutta è gratis (come nel 1943…), a Rescaldina, nel milanese, dove la pastasciutta la si mangia in strada. A Vicopisano la pastasciuttata si accompagna alla presentazione del libro Con gli occhi di una bambina. Maria Cervi, memoria di una famiglia. Nella bergamasca, a Treviglio, la pastasciutta (da cuocere) la si ritira alla sezione ANPI e la sia cucina a casa propria; dalla parti di Roma, al Trullo, la pastasciutta la si prende nel giardino Caterina Cicetti, tra musica e cabaret.

Ma la lista è inimmaginabile: da Celle Ligure a Montesilvano, da Avola a Rimini, Vercelli, Udine e tante, tante e tante altre piazze grandi in giro per tutta l’Italia.

Quando Papà Cervi si mise alla guida del carretto che menava la pastasciutta verso il paese di Campegine, molti contadini si misero a seguire quella trattoria improvvisata. E Alcide, volgendosi all’indietro, ebbe a dire: «È il più bel funerale al fascismo che si potesse organizzare». Ma a qualcuno venne voglia di andare a tirar fuori i fascisti dalle loro case; Aldo si oppose: «Dobbiamo convincerli dell’idea sbagliata».

Aldo, che nel ’43 voleva offrire la pastasciutta a tutto il suo paese, a tutta Campegine. Oggi suo figlio Adelmo – e tutti coloro che si riconoscono nel pensiero del Fratelli Cervi – portano avanti lo stesso concetto: offrire la pastasciutta a tutto il Paese.

Cambia solo una lettera, che da minuscola diventa maiuscola. Poca roba, a voler vedere; o forse no. Ma così Campegine è diventata l’Italia intera.


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